lunedì 23 marzo 2015

Recensione di The Light and Other Things di David Tronzo, Noah Kaplan e Giacomo Merega, Underwolf Records 2012


La Underwolf Records ristampa in formato digitale questo lavoro del 2008, album di debutto del bassista Giacomo Merega, coadiuvato efficacemente dal chitarrista David Tronzo e dal sassofonista Noah Kaplan.
Questo disco ha richiesto parecchi prolungati ascolti da parte mia, per diversi motivi. Primo non avevo mai ascoltato nessuno dei musicisti coinvolti, scoprendo come il chitarrista David Tronzo abbia un curriculum di tutto rispetto che ha attraversato un po’ tutti e generi musicali collaborando con musicisti come il chitarrista di David Bowie Reeves Gabrels, Wayne Horvitz, David Sanborn e il gruppo The Lounge Lizards. Così come non conoscevo il bassista italiano Giacomo Merega, assemblatore di questo progetto, e Noah Kaplan, entrambi studenti all’epoca con Joe Maneri al NEC e Boston Microtonal Society.
The Light and Other Things presenta una durata di circa un’ora con i titoli dei brani che citano e si ispirano direttamente a altrettanti dipinti omonimi di Paul Klee, che fungono da riferimenti figurativi.
E’ un disco di musica improvvisata, di non semplice ascolto, tutto il disco sembra reggersi su una sottile e a volte inquietante tensione creata tra i tre musicisti impegnati che si scambiano ruoli e priorità: non sembra emergere un leader a cui gli altri si affiancano, ma il suono finale che emerge sembra essere il frutto di una strettissima interazione tra i musicisti stessi. Anche se sicuramente non suona come un disco di musica ambient ho trovato piacevole immergermi nell’ascolto della loro musica accettando il gioco di evitare un ascolto diretto e intenzionale lasciandomi piuttosto cullare e guidare dai suoi degli stessi strumenti: l’assenza di uno strumento ritmico in questo trio da all’inizio un effetto un po’ estraniante che continua anche quando ci si accorge di come ciascuno dei musicisti contribuisca ad aggiungere di volta in volta elementi ritmici forzando i limiti del proprio strumento e lavorando su texture di suoni ai limiti della microtonalità.

Lavoro davvero interessante e per palati fini. Speriamo in un seguito.



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