giovedì 30 settembre 2010

Giacomo Parimbelli: Composizoni musicali edite

Incisioni e registrazioni

[ c.d. musicale ] - Numerosi documenti sonori, registrazioni live audio e video di concerti e conferenze di Giacomo Parimbelli dal 1996 ad oggi, ad uso archivio, divulgazione, ascolto per allievi;

1) [ c.d. musicale ] - Citarodia bergomense : Liuto e chitarra a Bergamo nei secoli / Giacomo Parimbelli interprete , con musiche di G. A. Terzi, Roncalli, Locatelli, Donizetti, Mazzola, B. Terzi, Ed. Eurarte, 2004;

2) [ dvd religioso ] - video Mediugorije Citarodia bergomense : Liuto e chitarra a Bergamo nei secoli / Giacomo Parimbelli interprete , con musiche di G. A. Terzi, Roncalli, Locatelli, Donizetti, Mazzola, B. Terzi, Ed. Eurarte, 2004;

3) [ c.d. musicale ]- Roncalli, Ludovico Antonio <1654-1713> - Capricci armonici per chitarra spagnola / Ludovico Antonio Roncalli ; Giacomo Parimbelli interprete, Ed. Tactus (Bo), 2006;

4) [ c.d. musicale ]- La chitarra di Pietro Gallinotti, Liutaio di Solero, Giacomo Parimbelli interprete, Ed. Comune di Solero (Alessandria), 2009.

Intervista con Giacomo Parimbelli, terza parte

Ho, a volte, la sensazione che nella nostra epoca la storia della musica scorra senza un particolare interesse per il suo decorso cronologico, nella nostra discoteca-biblioteca musicale il prima e il dopo, il passato e il futuro diventano elementi intercambiabili, questo non può comportare il rischio per un interprete e per un compositore di una visione uniforme? Di una “globalizzazione” musicale?

Sì, il problema della globalizzazione cronologica, è un grande rischio. Nelle edicole troviamo i quotidiani con le collezioni dei dinosauri. L'attuale reale ed il paleolitico virtuale insieme! Dopo tutto oggi nel 2010, in un'ora possiamo suonare musiche di diversi secoli e fare della chitarra una mostruosa macchina del tempo. Forse allora oggi ha più senso specializzarsi su un 'epoca, per serietà interpretativa, per quanto ho percepito che all'inzio dei concerti il colore della musica antica è fondamentale per “pulire le orecchie dell'ascoltatore”. Ad ogni modo, l'interprete che ha sensibilità musicale riesce a trovare i colori diversi per ogni secolo cui s'appresta a suonare.

Come vede la crisi del mercato discografico, con il passaggio dal supporto digitale al download in mp3 e tutto questo nuovo scenario? A volte ho la sensazione che la possibilità di scaricare tutto, qualunque cosa da internet gratis abbia creato una frattura all’interno del desiderio di musica, una sorta di banalizzazione: insomma dov’è la spinta per un musicista a incidere un disco che con pochi euro riesci da solo a registrare e stampare quello che vuoi e chiunque può farlo? Alla fine diventa quasi un gesto quotidiano che si perde in un mare di downloand dove scegliere diventa impossibile … stiamo entrando in un epoca radicalmente diversa da quella che abbiamo vissuto finora? Come poter scegliere?

La mia formazione è avvenuta lontano da spartiti pdf, musiche in mp3, internet e via dicendo, eppure ha tenuto. Anzi mi è stata di grande aiuto, specie quando oggi cerco un libro od uno sparito nella mia biblioteca e posso ritrovarvi i segni a lapis o metterne di nuovi.
Solo chi ha vistitato “de visu” gli Uffizi a Firenze, non potrà mai comprendere od accettare una visione a cristalli liquidi dei medesimi. Io provengo dall'epoca cartacea ed ora volgo in quella multimediale, che apprezzo perchè ho avuto tangenza e conoscenza della precedente. Non sarebbe così se avessi la sola esperienza di una formazione “a pdf , cd e chiavette”. Oggi si può invece ben utilizzare questo fantastico potenziale tecnologico per salvare dalla polvere la mole cartacea e divulgarla più velocemente.

Ci consigli cinque dischi per lei indispensabili, da avere sempre con sé... i classici cinque dischi per l‘isola deserta...

Più che cinque dischi segnalerei cinque autori: Vivaldi, Bach, Mozart, Tarrega e il quinto lo metta di conseguenza il lettore.

Quali sono invece i suoi cinque spartiti indispensabili?

Anche qui segnalerei cinque filoni: 1) le opere di Heitor Villa Lobos ( semplicemente la Suite Populaire); 2) le opere per liuto di Bach trascritte per chitarra; 3) le opere di Tarrega e del suo allievo Llobet; 4) le opere del filone sudamericano novecentesco che fa capo a Barrios ; 5) le opere del filone italiano novecentescoo che fa capo a Benevenuto Terzi.
A questi filoni sottintendo una buona e solida conoscenza dei Sor, Aguado, Carulli, Giuliani, Carcassi, Legnani, Mertz: insomma il miglior ottocento possibile.


Il Blog viene letto anche da giovani neodiplomati e diplomandi, che consigli si sente di dare a chi, dopo anni di studio, ha deciso di iniziare la carriera di musicista?

Dice bene lei, quel “dopo anni di studio” che non equivale ad essere già musicista: ovvero direi che prima di quel prefisso M.°, si devono spostare molte sedie nelle sale da concerto per il proprio pubblico, per non correre il rischio di contarle ( vuote ) dal palco.
Io di sedie ne ho spostate molte per il mio pubblico e continuerò a farlo perchè lo rispetto e penso che salire su un palco sia un gesto ed un dono inseme da svolgere con umiltà e maestria. E poi la cosa più importante è che questa strada non la si decide “tuot curt”, pur a volte volendola strenuamente, perchè non è il solo fatto di suonare a comportare la difinizione di musicista. Si tratta invece di tutto uno stile di vita, quello del musicista ( ho visto credibili maestri andare al bar dopo i loro concerti e chiedere al barista di togliere quei sottofondi sonori durante il caffè o la bibita; altri invece - molto dubbi – non farci nemmeno caso a queste finte ma fondamentali piccolezze ( = inquinamento sonoro ).
Oggi dire musicista è troppo generico: un tempo questa parola era omnicomprensiva. Il musicista sapeva comporre, suonare, costruire strumenti, fare ricerche musicologiche, organizzare concerti, essere nella cultura. Insomma io il musicista di oggi lo vedrei un po' così, con in cuor suo il principio di un po' tutte queste cose insieme, e tra queste però, una che eccelle in modo particolare e peculiare. Pertanto anche liutai, secondo questa accezzione, è un musicista perchè concorre in modo deferminante, con la costruzione del suo strumento, alla riuscita di un concerto.
continua domani

mercoledì 29 settembre 2010

Giacomo Parimbelli: Articoli e saggi pubblicati

Riviste italiane specializzate di liuto, chitarra e liuteria, tra cui :

Il Fronimo, Milano
[ Articolo ] - Ludovico Roncalli, l'abate chitarrista, agiornamento biografico nel 350° anniversario della nascita di Parimbelli, Giacomo e Dell'Ara Mario – Riv. Il Fronimo n°. 126 , aprile 2004

GuitArt, Avellino
1) [ Articolo ] - Chitarra e liuteria italiana, alla ricerca di una storia di Parimbelli, Giacomo
Riv. GuitArt n°. 46, aprile -giugno 2007;
2) [ Articolo ] - Le Riviste Chitarristiche Italiane del primo '900 di Parimbelli, Giacomo
Riv. GuitArt n°. 47, luglio – settembre 2007;
3) [ Articolo ] - Manuali e letture del chitarrista italiano d'inizio '900 di Parimbelli, Giacomo
Riv. GuitArt n°. 49, gennaio – marzo 2008;
4) [ Articolo ] - La chitarra italiana in punta di penna...lettere nell' Italia chitarristica del '900 di Parimbelli, Giacomo
Riv. GuitArt n°. 52, ottobre – dicembre 2008;
5) [ Articolo ] - Le nuove musiche del chitarrismo novecentesco italiano di Parimbelli, Giacomo
Riv. GuitArt n°. 56, ottobre – dicembre 2009;

Liuteria Musica Cultura, Cremona
Organo Ufficiale dell'Associazione Liutaria Italiana:
1) [Articolo] - Chitarra e liuteria italiana: alla ricerca di di una storia, l'altro strumento di Parimbelli, Giacomo in Liuteria Musica Cultura n. 2 / 2007 con testo italiano/ inglese (Ed. Cremona Produce P.S.C., Cremona 2007) ;

Ateneo di Scienze Lettere ed Arti, Bergamo
Atti Ateneo di Scienze Lettere e Arti di Bergamo, anno 2004 con la
[Monografia] - Parimbelli, Giacomo - Benvenuto Terzi : un chitarrista/compositore interprete del Novecento / Giacomo Parimbelli - Bergamo - 2003 ;

La Rivista di Bergamo, Bergamo
1) La Rivista di Bergamo, anno 2006 con la
[Monografia] - Parimbelli, Giacomo – Per una storia liuteria bergamasca – Chitarrai e violinari orobici, Giacomo Parimbelli (Ed. Grafica ed Arte, luglio - settembre, numero 47, anno 2006);

2) La Rivista di Bergamo, anno 2007 con la
[Monografia] - Parimbelli, Giacomo – Chitarrai e violinari orobici di oggi attivi a Bergamo e nel mondo (Ed. Grafica ed Arte, ottobre - dicembre, numero 52, anno 2007) ;

Colori Martinenghesi
Rivista periodica della Pro Loco di Martinengo:
Articoli di storia musicale locale dal 2006 a tutt'oggi, tra questi si segnalano:
1) [ Articolo ] - Antiche sinfonie, sono dei martienghesi ! Li riconscete ?
di Parimbelli, Giacomo - luglio 2007;
2) [ Articolo ] - Martinengo capitale della liuteria e della chitarra
di Parimbelli, Giacomo - dicembre 2008;
3) [ Articolo ] - Martinengo patria della liuteria italiana di Parimbelli, Giacomo - giugno 2009 2008;

Università di Medicina, Brescia
Guglielmo Castelli (1862-1938) tra medicina e chitarra italiana; B.Falconi, A.F. Franchini, G. Parimbelli, A. Porro. - (I seminari delle Scienze Umane; III). - In: Medicina e musica ; [a cura di] Carlo Cristini, Alessandro Porro. - Rudiano BS : GAM Editrice, 2008. - p. 46-49. L'articolo di Parimbelli pubblicato nei presenti atti, presenta il profilo chitarristico di Guglielmo Castelli, medico chirutgo nativo del primo '900, nativo di Clusone ed attivo a Villongo.
Intervista di Ney Militao a G. Parimbelli, Germania
Essa è costituita da nove domande a Giacomo Parimbelli
pubblicate nella Tesi di Laurea di N. Militao sul repertorio chitarristico classico, Germania 2009

Intervista chitarra e dintorni 2010

Accademia Nazionale di Scienze Lettere ed Arti, Modena
[Monografia] - Parimbelli, Giacomo – Il repertorio musicale e i chitarristi italiani, in Romolo Ferrari e la chitarra in Italia nella prima metà del novecento, Ed.Mucchi Editore, Modena 2009;
[Monografia] - Parimbelli, Giacomo - Benvenuto Terzi chitarrista e compositore del Novecento, in Romolo Ferrari e la chitarra in Italia nella prima metà del novecento, Ed.Mucchi Editore, Modena 2009.

Intervista con Giacomo Parimbelli, seconda parte

Lei è il responsabile dell’Associazione Bergamo Chitarra Centro Studi e Ricerche Archivio Chitarristico Italiano, ogni anno curate seminari, concerti, presentazioni per quanto attiene al mondo della chitarra classica, che cosa avete in cantiere per il 2010?

Siamo già verso il 2011 mentre scrivo, ma il concetto è far muovere la chitarra fuori dalle istituzioni musicali e conservatoriali per tutto l'anno, con eventi che attirino professionisti ed appassionati ( e farli reciprocamente conoscere ed incontrare ). Così funziona da molti anni nell'Associazione che ho fondato, senza aspettare i puntuali saggi istituzionali di fine anno. Inoltre la programmazione dell'Associazione tende a promuovere la storia della chitarra locale ed italiana e, posso dire, con buoni risultati perchè si è creata una base di appoggio e di visibilità per il lavoro di molti musicisiti e musicologi.

Ascoltando la sua musica ho notato la tranquilla serenità con cui lei si approccia allo strumento indipendentemente dal repertorio, da con chi sta suonando, dal compositore, dallo strumento che lei adopera dimostrando sempre un totale controllo sia tecnico che emotivo, quanto è importante il lavoro sulla tecnica per raggiungere a questo livello di “sicurezza”?

Nella sua domanda c'è tutta la verità della risposta: la chitarra va soltanto accarezzata...il resto viene da sé per ogni tipo di repertorio, basta farlo con umiltà e rispetto di quanti nei secoli passati ci han donato perle musicali da suonare. L'importante è avere tra le mani ottimi strumenti, conoscere bene le qualità delle corde che si usano e credere in quello che si fa.

Berlioz disse che comporre per chitarra classica era difficile perché per farlo bisognava essere innanzitutto chitarristi, questa frase è stata spesso usata come una giustificazione per l’esiguità del repertorio di chitarra classica rispetto ad altri strumenti come il pianoforte e il violino. Allo stesso tempo è stata sempre più “messa in crisi” dal crescente interesse che la chitarra (vuoi classica, acustica, elettrica, midi) riscuote nella musica contemporanea. Come musicista e storico di questo strumento quanto ritiene che ci sia di veritiero ancora nella frase di Berlioz?

Per conoscere la chitarra classica e scrivere per essa ci vuole un certo impegno ed una certa attrazione al colore del suono “estratto a mano” . La chitarra ha bisogno di una scrittura idiomatica, non è uguale al pianoforte: ma il suo contrario. Con la chitarra si possono ottenere i legati sulla medesima corda o arpeggiare dal suono basso a quello acuto, senza spostare troppo le mani, poiché note alte e basse stanno su corde parallele e non in senso orizzontale come per la tastiera del pianoforte. Questo è uin retaggio degli strumenti antichi, giàò praticato prima dell'avvento del pianoforte, e che la tecnica per chitarra ha ben conservato e valorizzato. Quindi chi si cimenta con nuove opere per essa, deve passare prima del tempo per provare ad estrarre quel misterioso e fascinoso suono proprio a mano nuda, poi altro tempo per conoscere ed ascoltare il repertorio passato e moderno, poi potrà intuire o comporre. Preciso inoltre che il problema della nuova composizione oggi non è solo chitarristico. Vi è infatti un grande bisogno di opere assolute e durevoli ( al livello dei Villa Lobos, dei Barrios, dei Sor ) alla portata di quel “tutti” che vivono di musica classica, nella più alta accezzione e tradizione. Specie con la chitarra è facile scribacchiare per le molteplici sfaccettature sonore di cui essa dispone, rispetto ad altri strumenti omofoni e mono-toni.

Luciano Berio ha scritto “la conservazione del passato ha un senso anche negativo, quanto diventa un modo di dimenticare la musica. L’ascoltatore ne ricava un’illusione di continuità che gli permette di selezionare quanto pare confermare quella stessa continuità e di censurare tutto quanto pare disturbarla”, che ruolo può assumere la ricerca storica e musicologica in questo contesto?
La ricerca storica è essenziale per spiegarci l'orgine e l'evoluzione stessa dell'arte compositiva. Sarebbe come chiudere il Palazzo degli Uffizi, e proporre una nuova arte!
continua domani

martedì 28 settembre 2010

Giacomo Parimbelli: Pubblicazioni

[Monografia] - Parimbelli, Giacomo - Voyage sur l'eau per chitarra / Giacomo Parimbelli ; diteggiatura dell'autore - Ed. Eurarte, Varenna, 2003 ;

[Monografia] – Anonimo - Due temi italici del primo '900 per chitarra / autori anonimi italiani (sec. 20) ; prima edizione critica ; revisione e diteggiatura di Giacomo Parimbelli - Ed. Eurarte, Varenna, 2003 ;

[Monografia] - Berlioz, Hector - Opere per chitarra / Hector Berlioz ; revisione e diteggiatura di Giacomo Parimbelli - Ed. Eurarte, Varenna, 2003 ;

Monografia] - Campion, Francois - Le nouvelles decouvertes sur la guitarre : Italienne, Trompette, Gavotte / Francois Campion (sec. 18) ; revisione e diteggiatura di Giacomo Parimbelli - Ed. Eurarte, Varenna, 2003 ;

[Monografia] - Parimbelli, Giacomo - Quattro schizzi didattici per chitarra / Giacomo Parimbelli ; diteggiatura dell'autore - Ed. Eurarte, Varenna, 2003 ;

Monografia] - Mazzola, Angelo - Opere scelte per chitarra / Angelo Mazzola (1887-1974) ; Profilo biografico, revisione diteggiatura a cura di Giacomo Parimbelli - Varenna - Ed. Eurarte, Varenna, 2003 ;

[Monografia] - Rossi, Giovanni - La gran battaglia di Marengo : per chitarra francese / Giovanni Rossi, prete in Iseo (sec. 19) ; prima edizione critica dal manoscritto ; revisione e diteggiatura di Giacomo Parimbelli, Ed. Eurarte, Varenna, 2003 ;


[Monografia] - Terzi, Giovanni Antonio - Fantasia prima, ballo tedesco, toccata, volta francese : dal 1 e 2 libro di intavolatura per liuto - Varenna - Ed. Eurarte, Varenna, 2004 ;

[[Monografia] - Roncalli, Ludovico Antonio <1654-1713> - Suite n. 5 per chitarra / Ludovico Antonio Roncalli ; introduzione storico-musicologica revisione e diteggiatura di Giacomo Parimbelli - Ed. Eurarte, Varenna, 2004 ;

[Monografia] - Calegari, Francesco - Theme sur l'air tirolien Wann i in der Fruh aufster : da due temi tirolesi op.4 : per chitarra / Francesco Calegari ; revisione e diteggiatura di Giacomo Parimbelli - Ed. Eurarte, Varenna, 2004

[Monografia] - Donizetti, Gaetano - Due cavatine dall'opera "Anna Bolena" / Gaetano Donizetti ; da una trascrizione d'epoca di Benedetto Razzetti (sec. XIX) per chitarra ; prima edizione moderna Ed. Eurarte, Varenna, 2004 ;

[Monografia] - Terzi, Enrico Benvenuto<1892-1980> - Tre composizioni per chitarra / Enrico Benvenuto Terzi ; Introduzione storico-musicologica, revisione e diteggiatura di Giacomo Parimbelli - Ed. Eurarte, Varenna, 2004 ;

[Catalogo] - Liuto e chitarra a Bergamo da Giovanni Antonio Terzi a Benvenuto Terzi, sec. 16.-20. : catalogo della mostra : Bergamo, Civica Biblioteca e Archivi storici Angelo Mai, Ed. Stamperia del Comune di Bergamo – Biblioteca “Angelo Mai ”, 2004, a cura di Giacomo Parimbelli e della sezione musicale della Bibl. Civica “ A Mai ” ;

[Monografia] - Giuliani, Mauro - Tema e variazioni su una marcia di Luigi Cherubini per chitarra / Mauro Giuliani , Ed. Eurarte, Varenna, 2005 ;


[ Libro ] - Parimbelli, Giacomo - Liuto e chitarra a Bergamo nei secoli : Benvenuto Terzi / Edizioni Villadiseriane, Villa di Serio (BG) - 2005 ;

[ Libro ] - Parimbelli, Giacomo – La Chiesa di San Pietro apostolo di Chignolo d'Isola / libro su Chignolo / Edizione della Parrocchia di Chignolo (Bg) - 2008 (contiene la pubblicazione dell'albero genealogico del chitarrista L.A.Roncalli scoperto da Parimbelli presso l'archivio della medesima parrocchia ed l'unico ritratto del chitarrista ad oggi rinvenuto) ;

[ Dizionario ] - Terzi, Benvenuto - Parimbelli, Giacomo - Dizionario dei chitarristi e liutai italiani con un'appendice sui chitarristi, liutisti, mandolinisti e liutai italiani dal 1937 al 2008 /
Edizioni Villadiseriane, Villa di Serio (BG) - 2008 ;

Intervista con Giacomo Parimbelli, prima parte

La prima domanda è sempre quella classica: come è nato il suo amore e interesse per la chitarra e con quali strumenti suona o ha suonato?

Più che avere amato io la chitarra, è stata lei a guardarmi con le sue linee semplici e graziose, con la stabilità della tessitura delle corde, ora mute, ma pronte ad elargire da subito suoni. Quello che mi ha conquistato della chitarra credo sia la sua accessibilità, il suo non avere segreti né di tecnica né di forme. Preciso inoltre che da bimbo sognavo di suonare il liuto nei castelli, eppure ebbi poca icongrafia di tale immagine onirica. Da quando ho iniziato a toccar la chitarra in modo relazionato e con circospezione, avrò cambiato circa 200 chitarre, dai livelli base a quelli più alti e rari per manifattura liutaria.

E’ uscito recentemente il suo nuovo lavoro discografico, un’interessante antologia dedicata alla musica italiana del ‘900 eseguita con una chitarra del liutaio Pietro Gallinotti, come è nato questo progetto e come arrivata tra le sue mani questa chitarra?
L'idea è giunta dopo la visione delle pubblicazioni cartacee su Gallinotti a cui ho collaborato. Il progetto ha avuto la sua genesi dalla reale constatazione di un'assenza discografica in merito che pareggiasse le buone pubblicazioni a lui dedicate. Ovvero dare la possibilità di ascoltare realmente il suono-tipo di una chitarra Gallinotti con musiche italiane al liutaio coeve. Alle musiche han fatto seguito alcune letture recitate sul tema gallinottiano e la registrazione di un documento sonoro dell'epoca con la medesima chitarra a cura del primo proprietario ( per dimostrare l'inalterabilità del suono, o meglio quali le migliorie a cui esso è incorso nel tempo ).

Lei sembra avere una particolare predilezione verso l’aspetto documentaristico e saggistico della musica, i suoi due libri :“ Liuto e chitarra a Bergamo nei secoli, Benvenuto Terzi” e il “ Dizionario dei chitarristi e liutai italiani”, vanno nella direzione di una attenta analisi storico musicale con una certosina cura per le citazioni e le fonti, vuole parlarci di questi due libri? So che lei sta curando tra l’altro un progetto volto al censimento di tutti i chitarristi, mandolinisti e liutai italiani, come sta procedendo questa iniziativa?

Il libro partì attorno alla figura di Benvenuto Terzi, ma poi progressivamente scoprìi una vasta mole di documenti rari ed inediti sulla storia del chitarrismo bergamasco. In particolare sulle figure di Giovanni Antonio Terzi, Lodovico Antonio Roncalli ( e relative note sulle conoscenza di Papa Roncalli circa l'illuestree antenato ), Donizetti, Mayr e Angelo Mazzola, nocnhè sulla riscoperta della dinastia dei liutai ottcenteschi Rovetta. Di tutte queste figure sono emerse autentiche chicce musicologiche che ho sentito il bisogno di rendere pubbliche agli studiosi ed appassionati della chitarra. Ma non solo. Molti chitarristi, musicologi e storici, mi han tributato veri ringraziamenti: tra questi un nome noto del chitarrismo milanese, vi ha trovato l'inedita foto giovanile del padre in una Estudiantina del bellunese. L'altro tema che ha reso celebre questio libro, è stata la prima cronologia dei liutai attivi in Bergamo dalle origini ad oggi: e proprio sulle sue origini sono stati pubblicati, per la prima volta, documenti che attestano che il maestro dei cremonesi Amati e di tutta la tradizione liutaria si allochi in terra bergamasca a Martinengo. Quindi un luogo nuovo e certificato, nè Cremomna nè Brescia: le due città che storicamente si contendono la paternità dle violino.
Così è stato anche per la ristampa del Dizionario del 1937: un'opera presto obliata, nata in un'epoca bellica ed in una società ancora molto analfabetizzata, presente poi solo negli scaffali di una nicchia di uno sparuto stuolo di chitarristi classici. Questa la motivazione: far conoscere alle giovani generazioni i trascorsi musicologici ( e quanto erano il loro livello di approfondimento ed avanzamento di studi ) sul tema della chitarra, repertorio, esecuzione, regionalizzazione e relativa liuteria. E' stato così possibile rimettere in circolo in Italia e all'estero un documento essenziale del primo '900 italiano, del quale esistevano solo circa 30 sbiadite copie orginali.
Per quanto riguarda il censimento moderno, si tratta di una fase iniziale di autocompilazione da me ideata, che ha trovato posto e seguito in una sorta di dizionario on-line disponibile su internet. Scaricando un apposito modulo di compilazione i chitarristi, liutisti, mandolinisti e liutai possono spedirte le proprie credenziali ad un gruppo redazionale di colloboratori che metteranno poi in rete i dati trasmessi.
continua domani

lunedì 27 settembre 2010

Giacomo Parimbelli: Citazioni

“(Parimbelli) Si colloca così poeticamente tra tradizione ed innovazione” ,

Prof. Francesco Piselli ( docente emertico di Estetica, Università di Parma, 1999);

“ ... il Maestro Giacomo Parimbelli ci ha offerto, molto recentemente, delle pagine chitaristiche vermamente piacevli e affascinanti ... nelle mani di questo nostro grande esecutore... la musica era un sussegguirsi continuo di visioni e sensazioni incantate” ,

Pierglauco Delfine (critico musicale, 22 maggio 2000);

“una nuova generazione di studiosi, nella quale si inserisce oggi Giacomo Parimbelli”,

Mario dell'Ara ( docente e storico internazionale della chitarra, Moncalieri, To, 2005);

“Nel volume storico di Giacomo Parimbelli il paese è ritenuto la patria dei liutai.Spazia a tutto campo la passione che Giacomo Parimbelli, musicista, ricercatore e storico della chitarra, trasmette in ogni suo concerto, in ogni sua parola e in ogni suo scritto, su quello che egli ama chiamare lo «strumento degli angeli».Al tocco delle sue dita non vibrano solamente le corde della sua chitarra, né le sue numerose mostre itineranti esauriscono la sua profonda anima musicale. Risuonano con lui, in ogni suo gesto, la storia e la tradizione intera della chitarra, risuona con lui il «Liuto e chitarra a Bergamo nei secoli», titolo del suo libro appena pubblicato frutto di 15 anni di lavoro e soprattutto prima opera che raccoglie cinque secoli di storia della chitarra”,

Diego Moratti di Martinengo (giornalista Eco di Bergamo, 2006);

“Non posso infatti dimenticare che con i suoi insegnamenti, con i suoi suggerimenti e con la sua grande cultura unita ad una profonda umanità è possibile per tutti noi riflettere sul significato dell’arte e sul valore che essa costituisce per la salvaguardia della civiltà”,

Prof.ssa Anna Maramotti Politi (direttrice Rivista Liuteria Musica Cultura, Cremona, 2009);

“Molto interessante è risultato l’accostamento delle musiche di autori stranieri alle musiche italiane, in relazione alle quali veniva offerto un abbondante numero di esecuzioni ed una brillante spiegazione. Ho particolarmente apprezzato la Sua squisita e personale interpretazione e le Sue interessanti risorse di bel suono ed espressione, nonché la Sua toccante sensibilità”,

Pino Briasco (chitarrista-concertista internazionale, insegnante di conservatorio, Savona, 2009);

“un artista bergamasco, Giacomo Parimbelli, chitarrista e studioso di spessore conosciuto a livello nazionale soprattutto per la recente riedizione aggiornata del Dizionario dei chitarristi italiani”,

Walter Salin (chitarrista concertista-compositore, Rovereto, Tn, 2009);

“Giacomo Parimbelli, interpreta estas obras con un gran refinado gusto, sin mácula, y mucha poesía. Escucharlo es un verdadero placer”;
“...he podido escuchar tus magníficas interpretaciones. Me ha gustado mucho! Es de veras importante que el mundo de la Guitarra tenga excelentes músicos como tu...”,

Francisco Herrera (enciclopedico mondial de la guitarra, Ginebra, 2010)

“E tutto questo in nome della musica, e in particolare della chitarra, che nella sua persona trova il brillante rappresentante”

Prof. Francesco Piselli ( docente emertico di Estetica, Università di Parma, 2010);

“Grazie, caro M.° Parimbelli
rimango ammirato per la ricerca così intensa e per le sue esecuzioni”

Gianfranco Ravasi arc. ( Civenna, Lc, 2010)

“Questo concerto è stato piacevole e bello. Non ho mai ascoltato questo tipo di musica prima, attraente ed espressiva (...) L'esecuzione era estremamente riuscita - eccellente. Tante particolarità e colori. Grazie tantissimo per un fantastico concerto.Spero che ritornerai ancora qui! Con un grande ringraziamento e i migliori auguri da Pal Weidema”
( organista, Norvegia, 2010)

Giacomo Parimbelli: biografia


Giacomo Parimbelli, Bergamo 1964,
si avvia alla conoscenza della chitarra da bambino, in famiglia.

Dopo i Diplomi Umanistico ed in Chitarra conseguito al Conservatorio di Verona“ Felice Evaristo Dall’Abaco” , segue i Corsi Internazionali di Perfezionamento del Maestro Stefano Grondona presso Ponte in Valtellina e Conegliano Veneto.

Nel 2001 riceve il Premio “ Nino Zucchelli “ dell'Ateneo di Scienze, Lettere ed Arti di Bergamo, pubblicando la prima biografia su Benvenuto Terzi (Bergamo 1892 – 1980): “ Benvenuto Terzi: un chitarrista - compositore interprete del Novecento” (pubblicata in Atti dell’Ateneo di Bergamo, 2003).
Dal 2002 pubblica sue composizioni didattiche ed opere per chitarra di autori dell'800 e del '900 con introduzioni storico-musicologiche, per le Edizioni EurArte di Varenna (Lc).
La sua attività di ricerca musicale è pubblicata sulle riviste Il Fronimo, Seicorde, Suonare, Guitart, Classical Guitar, Liuteria Musica Cultura, Gendai Guitar.
Ha suonato presso la prestigiosa Sala Piatti di Bergamo le musiche di presentazione del suo cd “ Citarodia Bergomense” (Ed. Eurarte, 2004), prima antologia musicale dedicata agli autori storici del liuto e della chitarra a Bergamo.
Ha poi inciso le Suite per chitarra di Lodovico Antonio Roncalli (Bergamo, 1654 – 1713), opera monografica ( Tactus, Bologna 2005).
Ha pubblicato l'opera “ Liuto, chitarra a Bergamo nei secoli, Benveturo Terzi” (Edizioni Villadiseriane, Bergamo, 2005 ), ritenuto un caposaldo storico-musicologico locale ed italiano.
Ha tenuto concerti presso il Casinò Municipale di San Pellegrino, il Museo Rubini di Romano di Lombardia per le celebrazioni mozartiane 2006 e presso i maggiori centri della bergamasca; presso il Museo Musicale bresciano per il 50° di fondazione (2006), in prestigiose rassegne musicali di Massa, Trento, Ancona, Casa Rosmini di Rovereto ed in molte altre città italiane, udito pure con lode da insigni autorità culturali e religiose. Nella sua attività didattica, numerosi suoi allievi hanno ottenuto riconoscimenti a concorsi e scuole musicali italiane e straniere.
Tiene masterclass sulla Storia della chitarra e Corsi di Perfezionamento Internazionali (presso le Accademie di Treviglio e Brescia Chitarra, 2008). E' autore della prima ristampa moderna e restaurata del Dizionario dei “Chitarristi e Liutai italiani” del 1937 (Ed. Villadiseriane, Bergamo 2008), il cui lavoro gli ha valso riconoscimenti e conferenze ai convegni chitarristici e liutari più prestigiosi d'Italia (Fiuggi, Cento, Alessandria). E' fondatore e presidente dell’Associazione “ Bergamo Chitarra – Centro Studi e Ricerche “La Chitarra” – Archivio Chitarristico Italiano “.
Nel settembre 2009, presso lo storico Musikzentrum Kamerariat della città bavarese di Ingolstadt, ha tenuto un concerto dedicato al repertorio per chitarra dell'epoca di Giovanni Simone Mayr.
Nel 2009, per il Comune di Solero (Al), ha inciso il primo cd nazionale “La Chitarra di Pietro Gallinotti, liutaio di Solero” con un repertorio e documentazione inedita sul chitarrismo italiano del primo '900 eseguito sulla chitarra storica del celebre liutaio.

Nel 2010 consegue l'idoneità all'insegnamento della “Storia della chitarra ed analisi del repertorio chitarristico” per l'Istituto musicale “Gaetano Donizetti” di Bergamo.
Nel settembre 2010, nell'antica chiesa di Sandefjord “ Velkomemen til Vallo kirke” ( Oslo, Norvegia) ha tenuto un'acclamatissimo recital di chitarra italiana novecentesca.

Sensibile interprete, tiene concerti in Italia ed Europa e conferenze sulla storia della chitarra italiana, scegliendo di volta in volta lo strumento dalla sua pregiata collezione, costituita da circa 20 insigni chitarre classiche storiche d'autore dell' 800 e del '900.

E' Direttore Artistico delle Settimane Chitarristiche Italiane che si tengono presso Martinengo ( Bg) e della Rassegna annuale Bergamo Chitarra.
Nel 2009 è stato inserito nell’importante "Enciclopedia de la Guitarra" di Francisco Herrera, enciclopedico mondiale della cultura musicole-chitarristica (Edizione Piles -Valencia-Espana) con il quale ha collaborato alla sua realizzazione.

Parimbelli si colloca così poeticamente, tecnicamente e musicologicamente, fra tradizione ed innovazione.

sabato 25 settembre 2010

FramEnsemble in concerto Roma, 18 ottobre 2010


Festival Nuovi Spazi Musicali
Roma, 18 ottobre 2010 ore 20.30

FramEnsemble

C. Saldicco, Acoustic Counterpoint (I es. assoluta)
per flauto, clarinetto, violino, violoncello, chitarra e pianoforte
(durata: 6')

S. Lanza, op. 33, quintetto (I es. assoluta)
per flauto, clarinetto, violino, violoncello e pianoforte
(durata: 8')

M. Cardi, Luna lunae...
per flauto, clarinetto, violino, violoncello, chitarra e pianoforte
(durata: 6' 30")

B. Bartòk, Sei danze in ritmo bulgaro
per flauto, clarinetto, violino, violoncello, chitarra e pianoforte
(trascrizione per FramEnsemble a cura di L. D’Errico)
(durata: 10')

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P. Ciarlantini, Berceuse Seconda (I es. assoluta)
per flauto, clarinetto, violino, violoncello, chitarra e pianoforte
(durata: 7'- 8')

C. Rebora, Di quadri e di cerchi
per flauto, clarinetto, violino, violoncello e pianoforte
(durata: 6' 30")

F. Pavan, Su fili di seta (I es. assoluta)
per flauto, clarinetto, violino, violoncello, chitarra e pianoforte
(durata: 7')

R. Abate, Danze per Veronica op. 038 (I es. assoluta)
per flauto, clarinetto, violino, violoncello, chitarra e pianoforte
(durata: 9' - 10’)

http://www.framensemble.it/

Fennesz - Black Sea, live in Venice @ Teatro Fondamenta Nuove 16/09/2009

venerdì 24 settembre 2010

Christian Fennesz: la chitarra è “glitch”, quinta parte


Il resto e storia d'oggi. La partecipazione al recente ultimo disco di David Sylvian “Magnafon”, capolavoro di riduzionismo sonoro e di definizione dell’assenza come valore e come sfondo per un suono al confine assoluto tra “less is more” e ricordi isolazionistici e "Black Sea", il nuovo album uscito per la Touch a fine 2008, un deja-vu che restituisce alla sperimentazione sonora fennesziana corporeità e spessore fisico.
Black Sea si presenta come la più profonda testimonianza della sua emotività e della sua poetica: le levigate ricercatezze linguistiche contaminate dal glitch e dall'industrial "ambientale" degli anni '60 di "Endless Summer" (già smussate nell'altro gioiello "Venice") vengono qui azzerate del tutto permettendo agli istinti basilari di esprimersi nella maniera più spontanea possibile; il risultato non è nient'altro che una musica atmosferica, intensa e riverberata ormai lontana da quelle ultime eco di quotidianità irreale e fittizia in cui la tecnologia si imponeva come sua rappresentazione e allo stesso tempo come suo emblematico distacco. L'ultimo nato in casa Fennesz riesuma invece la sua più profonda intimità, donando all'ascoltatore un prodotto fragile e intenso che avvolge senza risparmiare fasi di assoluto straniamento (i meravigliosi arrangiamenti della titletrack che apre il disco) in cui ipnoticamente si compiono splendide elevazioni atmosferiche ora più distese e malinconiche (Glide) ora più psichedeliche (The Colour Of Three) e oniriche (Saffron Revolution e Glass Ceiling). Ma anche per quanto riguarda la creazione e la gestione del materiale sonoro Black Sea sorprende sin dall'inizio risultando raffinato ed estremamente elegante ad ogni suo movimento, aspetto che vede la sua massima realizzazione nella già citata opener e soprattutto nella magia ambientale di Perfume For Winter e della più soave Vacuum.




Ma laddove il disco sembra perdersi semplicemente in anelati luoghi di perdizione (che alla lunga possono comunque risultare ripetitivi), Fennesz tira fuori dal suo infinito calderone di suoni e idee la meravigliosa Grey Scale che poeticamente riflette tutto quel mondo di emozioni perdute e di ricordi lontani che sembravano ormai definitivamente seppelliti; una perla dal forte sapore nostalgico in cui la malinconia fa da padrona ma timidamente, come se trattenuta da un istinto maggiore, permeando in ogni caso l'intera atmosfera del brano e ponendosi come unico e vero emblema dell'album.
Complessa e raffinata, ma niente affatto inaccessibile, la musica e le idee di Fennesz rappresentano un ponte ideale per avvicinare nuovi proseliti alle infinite esplorazioni della musica contemporanea e dell’avanguardia, un invito irresistibile ad ampliare ulteriormente gli orizzonti, sancendo al contempo un significativo sviluppo tanto in termini di fisionomia sonora che di modalità compositive.
Fennesz ha smussato l'ambient e l'elettronica dei loro più logorati stilemi arricchendone la soave atmosfera di fondo attraverso frammenti di pura musique concrete, ha trasformato radicalmente uno strumento classico (per il rock s'intende) come la chitarra abbattendo qualsiasi limite o costrizione stilistico-concettuale esistente.
Scavalcato così il passato tanto quanto la modernità, Fennesz si è ritrovato davanti un universo interminabile, desolato e silenzioso e, come uno scrittore che riflette d'innanzi ad un foglio bianco ha riversato i suoi pensieri con fiumi d'inchiostro, assorbendo e gestendo quello spazio, per poi crearne una rielaborazione estremamente personale, intima e soffusa.


Empedocle70

giovedì 23 settembre 2010

Percorsi Musicali 2010 Concerto in ricordo di Mario Gangi


Percorsi Musicali 2010
a
Palazzo Altemps
(Piazza S.Apollinare 46,Roma
)

Domenica 26 settembre 2010 - ore 17.30

CONCERTO

in ricordo del M° Mario Gangi nel trentacinquennale
della Scuola Romana di Chitarra di Santa Cecilia

Chitarristi:
Damiano Mercuri, Enrico Marchi,
Giovanni Cappelletti, Massimo Baiocco

con la partecipazione del flautista Marco Orfei
e del violinista Giulio Menichelli.

Palazzo Altemps: informazioni allo 06 68485186
Email: altempss@archeorm.arti.beniculturali.it

Christian Fennesz: la chitarra è “glitch”, quarta parte


Quattro anni dopo "Endless Summer", Fennesz torna a misurarsi sulla lunga distanza con ''Venice'' (Touch, 2005). Nel momento in cui la strada e definitivamente aperta verso il pieno dispiegamento della forza comunicativa di un suo no che nel corso del tempo si e fatto via via meno oscuro, senza tuttavia dover rinunciare alle proprie caratteristiche fondanti, il compositore austriaco propone ai suoi ascoltatori un'opera ambiziosa e polisemica, centrata sul richiamo al ricordo ed alla memoria, associati al suono nell'opera di disvelamento di ciò che è nascosto nella profondità degli oggetti e delle immagini. C'e chi ha paragonato l'esperienza dell'ascolto di "Venice" a quella della visione di alcuni studi della luce e degli effetti dell'atmosfera di Monet: più lo sguardo rimane fisso sulla tela, più i colori cominciano a vibrare e le forme tremolano tra l'astratto ed il figurato. La mancanza di sostrato ritmico accentua questa impressione, nel momento in cui il suo no, svincolatosi dalla dimensione materica, sembra quasi poter galleggiare tra il concreto ed il liquefatto, come una chimera all'orizzonte. Una poetica del ricordo che trova alimento in atmosfere più compassate, cupe e cariche rispetto ad "Endless Summer": alla gioia malinconica che passa per la rievocazione nostalgica di un'epoca si sostituisce l'ambizione concettuale celata da un soundscape inquieto, che trova espressione ambigua nelle parole di David Sylvian in Transit ("To wonder why of Europe / Say your goodbyes to Europe / Swallow the lie of Europe / Our shared history dies with Europe").




E' una tensione che trova spazio gia con l'opening track Rivers Of Sand, permeata di textures oscillanti tra effetti di basso e feedback liquidi, in un caleo che conferisce al brano una concretezza quasi visiva, mentre Chateau Rouge rimanda ai procedimenti decostruttivi perfezionati negli album precedenti, nella sovrapposizione di striature noise e variazioni di ineffabili melodie d'organo. In City of Light, il domini e visivo cala su un paesaggio dronico plumbeo con un approccio quasi isolazionista, Onsra e un'entree per il piatto forte Circassian, scritta e suonata insieme a Burkhard Stangl, magniloquente sonata fatta di roboanti reverberi e smisurate risonanze, in un muro di suo no di devastante potenza armonica.
"Venice" chiude un capitola affascinante e forse irrisolto nella produzione del musicista viennese, nella coesistenza di oscillazioni e suggestioni divergenti, naturale approdo di un percorso "radicale" di sperimentazione come quello concluso con "Endless Summer". Se "Endless Summer" si snodava nell' estasi del ricordo e nell'immersione sentimentale nel passato, con "Venice" (2004) il discorso e portato di nuovo sulla questione del conflitto tra texture digitale e magma inquieto che ribolle al di sotto, questione affrontata in diversi modi da tutti i musicisti trattati in questo capitolo. Contrapposta alle solari visioni di "Endless Summer" sta la decadenza di "Venice", malattia che corrode lentamente ma con costanza le levigate superfici del sogno digitale: non la Venezia ritratta nelle superfici vibranti di luce di Turner, dunque, ma quella popolata di fantasmi e ombre della narrazione di Proust, che e soprattutto luogo mentale ed emotivo trasponibile in altri luoghi lontani: e a Combray che Proust sogna Venezia, e una volta a Venezia ripensa a Combray. In maniera simile, per Fennesz il riferimento a Venezia non avviene a livello puramente descrittivo e non tutte le tracce di "Venice" si riferiscono ad essa: in quanto luogo di decadenza e di pareti che si scrostano, L'idea di Venezia si espande fino a diventare metafora di un suono digitale che va morendo e di tutta la nostalgia associata alla perdita di qualcosa con cui siamo stati a stretto contatto per lungo tempo.
Nei due anni successivi, Fennesz avrà modo di realizzare due lavori in collaborazione con Ryuichi Sakamoto: "Sala Santa Cecilia" [Touch, 2005], breve (19 minuti) testimonianza di una performance live tenutasi al Romaeuropa festival del 2004 e soprattutto "Cendre" [Touch, 2007], nel quale finezza strumentale e texture ambientali si incalzano in un circolo assai suggestivo, dove le trame astratte di Christian Fennesz impreziosiscono gli algidi fraseggi di piano in un equilibrio sottile quasi miracoloso, come negli spettrali gorgheggi cageani di Oto nel mood sospeso di Trace.
continua domani

mercoledì 22 settembre 2010

Masterclass e Concerto di Lorenzo Micheli 22 - 23 ottobre 2010


MASTER CLASS E CONCERTO

corso di perfezionamento chitarristico
per solisti , ensemble e formazioni da camera


docente
LORENZO MICHELI

Corso di perfezionamento chitarristico
22 - 23 ottobre 2010
________________________________________________

Concerto presso
Sheraton Nicolaus Hotel, Bari - ore 20.30
domenica 24 ottobre 2010

per informazioni: 347.60.52.769
direzione artistica
: M° Pasquale Scarola
e-mail .orchestradefalla@fastwebnet.it

Lorenzo Micheli
“ Definito dalla critica musicale “virtuoso extraordinaire” (Nice Matin), “l’esecutore ideale dello strumento” (Il Venerdì di Repubblica), “prodigious talent” (Soundboard), Lorenzo Micheli è oggi uno dei chitarristi italiani più attivi sulla scena internazionale. Si è imposto all’ attenzione del pubblico vincendo il primo premio in alcuni dei più importanti concorsi di interpretazione del mondo (Alessandria 1997; Guitar Foundation of America 1999). Dal 1995 un’intensa attività artistica – come solista e con orchestre di fama – lo ha portato nelle sale da concerto di tutta Italia, in Europa (Spagna, Irlanda, Croazia, Austria, Svizzera, Estonia, Francia, Grecia, Polonia, Gran Bretagna, Finlandia, Slovenia, Norvegia, Germania, Turchia), in Canada e in un centinaio di città statunitensi, in Africa e in America Latina. Tiene regolarmente masterclass per Università e Festival americani ed europei.

Christian Fennesz: la chitarra è “glitch”, terza parte


Qui ampi stralci di melodie, gli accordi della chitarra, i dolci rintocchi del vibrafono spesso sono lasciati risuonare oltre la patina di scorie digitali, senza alcuna interferenza da parte di questa o comunque sovrastandola, quasi vincendola. L’uso della strumentazione analogica si iscrive perfettamente in questa disegno complessivo, nel quale s'incastonano delle vere e proprie gemme post-glitch. Made in Hongkong apre il disco in un caleidoscopico reiterato di chitarre processate, la title track e un interminabile sguardo nostalgico nell'oblio di un paesaggio assolato e virato in superB, in Caecilia rintocchi di vibrafono e filiformi melodie si avviluppano in un asincrono valzer, Shiseido e una malinconica ballata per chitarra elettrica filtrata e synth, A Year in a Minute e una sinfonia cameristico-digitale in bilico tra elettronica e psichedelia, come un'immaginaria gig tra Kevin Shields e Markus Popp.
Masterizzato in analogico e introdotto dal significativo artwork di Tina Frank, che presenta una sona di schermate di tram anti suI mare e palme "sporcate" da linee di colore come interferenze e trasmissioni mal ricevute, l' album diventa immediatamente un piccolo caso all'interno della scena digitale e suscita reazioni più che entusiaste, a testimonianza di un bisogno quanto mai vivo di tornare ad ascoltare suoni "umani" melodie che vadano dritte al cuore. La grande popolarità di "Endless Summer" e dovuta non soltanto all'immediatezza delle soluzioni sonore: i suoi ritmi rallentati, sfasati, la frizione tra melodie vivide nella mente eppure mai completamente afferrabili sona immagini quanto mai attuali di un necessario affondo nel passata dettato dalla volontà di recuperarne le tracce e le storie perdute. In un'intervista rilasciata a The Wire Fennesz afferma: “Al momento sento che e meglio concentrarmi su un metodo e su un'estetica personali e sulla mia storia di musicista e di appassionato di musica... Quando ho iniziato a lavorare a 'Endless Summer' era chiaro che sarebbe stata una sfida ben più grande muovermi in direzione decisamente song oriented e pop oriented ... Certamente mi piace ancora molta computer music prodotta oggi ma per me la cosa più importante e che la musica si relazioni a una personalità, a un carattere. Di una persona voglio ascoltare la musica, non il suono del suo MSP o del SuperCollider. “



Gettato questo pesante sasso nella stagno, Christian Fennesz dapprima prende parte al secondo episodio della saga con Jim O'Rourke e Peter Rehberg (''The Return of Fenn O' Berg", Mego, 2002], che si allontana dai territori criptici del primo capitolo per aprirsi alla sedimentazione di detriti acustici in combinazione con aperture melodiche (e esemplare al riguardo il patchwork di A Viennese Tragedy), poi omaggia gli appassionati della prima ora con una raccolta di materiale in larga parte inedito su CD proveniente da collaborazioni, compilation e colonne sonore, datato tra il 1995 e il 2002. Questa sorta di antologia, intitolata "Field Recordings 1995:2002" (Touch, 2002) ha il sapore di un'opera documentaria che traccia il percorso intrapreso dall'artista austriaco a partire dalla meta degli anni novanta, inglobando le quattro tracce dell'EP "Instrument" e le due composizioni apparse sul secondo volume della compilation Clicks and Cuts. Un solo inedito, l'iniziale Good Man, nella quale schegge granulari affiorano in una distesa di chitarre effettate. Il brano è da tenere in mente insieme a Codeine, remix di una traccia di "Heroin" di Stephan Mathieu ed Ehhehard Ehlers, malinconico e cristallino exemplum di trattamento digitale della sei corde.
II percorso di Fennesz passa anche attraverso l'incontro con i musicisti dell'improvvisazione e delIa c1assica contemporanea, a molti dei quali si unisce in live set e performance. Tra tutti ricordiamo la collaborazione con i Polwechsel, "Wrapped Islands" (2002) in cui si avvicina a questo quartetto di eccellenti strumentisti creando un lavoro d'indubbia qualità. Qui le microstrutture sonore oscillano tra sonorità taglienti e passaggi morbidi dal sapore autunnale, note trattenute sono accompagnate da soffici pulsazioni in sottofondo tra passaggi astratti di materia densa, tenui variazioni tonali e suoni tremanti, crepuscolari. Agli antipodi rispetto ai suoni destrutturati dei Polwechsel, e a testimonianza delIa sua versatilita di musicista e irrequietezza creativa, Fennesz interviene l'anno successivo in "Blemish", il nuovo album di David Sylvian: qui la voce stupita si rifrange in una delle melodie frammentate di Fennesz in A Fire in the Forest, traccia d'incantata bellezza.

continua domani

martedì 21 settembre 2010

fra letteratura, musica e videoarte VOCIFERAZIONI


fra letteratura, musica e videoarte
VOCIFERAZIONI

"E adesso ti avverto, io, che io smetto di vociferare, tra un momento.”
(Edoardo Sanguineti)


Venerdì 24 settembre 2010 - ore 21
Sabato 25 settembre 2010 - ore 10 (riservato agli studenti delle scuole superiori)
Auditorium del Conservatorio di Riva del Garda

Per Edoardo Sanguineti

Lo spettacolo presenta la serie di 21 ottave in endecasillabi a rima baciata scritte da Edoardo Sanguineti nel 1982 per l’Apocalisse del pittore Enrico Baj. In questo grandioso Alfabeto apocalittico ogni poesia è composta solo di parole che iniziano con la lettera dell’alfabeto scelta. Tale costrizione linguistica porta l’immaginazione a creare, a inventare, contaminare, in una formula di divertissement, di gioco poetico, che rivela una precisa attenzione problematica al significato fondamentale delle parole.
Seguendo gli spettacolari effetti visivi e uditivi della sequenza, l'opera è stata musicata da Nicola Straffelini, che ha scritto 21 quadri musicali a commento delle poesie, concepiti come preludio o postludio o accompagnamento alle letture.
La ripresa di questo spettacolo era programmata, come concordato con l’autore, per quando Edoardo Sanguineti avesse avuto modo di regalargli la sua voce. Il destino ha deciso diversamente. Si è persa questa opportunità per la recente scomparsa del poeta genovese, ma l’evento ha guadagnato le lettere che i suoi amici hanno voluto dedicargli.
Gli artisti coinvolti hanno aggiunto i loro testi e le loro musiche a una serata che vuole essere speciale per un poeta cui Vociferazioni non deve solo il nome, ma tanto della sua concezione artistica.

Alfabeto Apocalittico
di Edoardo Sanguineti

musiche di Nicola Straffelini
immagini realizzate dagli studenti
dell’Istituto Vittoria di Trento
regia immagini e video Michela Eccli

Le lettere degli amici

J di Pier Giorgio Rauzi
musica di Claudio Rastelli

K di Lello Voce
musica di Alessandro Giannotti

W di Giuseppe Caliceti
musica di Giovanni Fiorini

X di Nanni Balestrini
musica di Maurizio Zanotti

Y di Tommaso Ottonieri
musica di Mario Pagotto

voce recitante
Clara Lotti

violino, anche elettrico
Sergio La Vaccara

chitarra, anche elettrica
Mauro Tonolli

Christian Fennesz: la chitarra è “glitch”, seconda parte



Un caleidoscopio di suoni che viene assorbito nell' ondata d'entusiasmo per l'estetica del glitch, della frammentazione sonora, dei rumori digitali, a cui lo stesso Fennesz si accosta in questo momento anche con il progetto Fenn O'Berg, con Pita e Jim O'Rourke, un trio di laptop impegnato a dissestare la materia sonora scardinandone ogni punto saldo. In ognuna di queste tappe verso la segmentazione assoluta del suono, Fennesz conserva però sempre un gusto tutto personale per certe inflessioni meno concitate, per certe melodie quasi nascoste nella frana di detriti digitali ma sempre presenti seppur in trasparenza e per istanti inafferrabili.

Il singolo "Plays", 7" pubblicato dalla Mego e ristampato dalla Moikai di Jim O'Rourke nel 1995, cioè in tempi non sospetti, contiene invece riletture quasi irriconoscibili, due reinterpretazioni che procedono per impressioni e suggestioni più che per similitudini formali di due classici di Beach Boys e Rolling Stones. E' l'omaggio di Fennesz ad alcuni miti dell'adolescenza, in particolare al suono della West Coast, che prima prorompe in un mantra dronico galleggiante in un mare tropicale ed atarassico per Don't Talk (Put l'Our Head on my Shoulder) e poi viene declinato in una sorta di piccolo saggio di composita astrazione granulare per Paint It Black. I due brani appaiono come frammenti adirezionali di enigmatica bellezza, in cui Fennesz riprende le atmosfere e alcune tonalità degli originali ma senza utilizzarne campionamenti: la sua è una trascrizione personale delle due canzoni, polverizzate in coriandoli di suoni soffusi. Al momento della sua uscita "Plays" sembra il geroglifico di una lingua dimenticata, eppure riesce a toccare le corde giuste in chi ascolta, insinuando il dubbio che qualcosa esista al di là dello schermo luccicante delle produzioni digitali che vanno per la maggiore e dando un colpo mortale alla dilagante moda del citazionismo campionato che si stava diffondendo come un morboso virus a ogni livello, dal pop all’avanguardia. E' un' avvisaglia di un fermento creativo al momento senza esito ma che continuerà il suo lento lavorio fino a sfociare tre anni dopo in "Endless Summer.
Numerose le collaborazioni che prendono forma in questa breve lasso di tempo: le pregevoli improvvisazioni elettroacustiche nell'omonimo lavoro realizzato con Werner Dafeldecker e Christof Kurzmann, arricchito dai preziosi interventi di Jim O'Rourke, Kevin Drumm e Martin Siewert (Charhizma, 1999) e "The Magic Sound Of Fenn O'Berg" (Mego, 1999], realizzato a sei mani con O'Rourke e Rehberg, opera ermetica e astratta, spiazzante per la varietà delle soluzioni adoperate sia in chiave timbrica che di scelta dei suoni. Ne scaturisce un album ridondante e un po' appesantito dall'atmosfera magniloquente che grava sull'intero impianto strutturale, tesa a sorprendere continuamente l'uditore con nuovi e improvvisi esiti.





Se gia "Plays" aveva testimoniato per certi versi l'avvicinamento di Fennesz alla popular culture è con "Endless Summer" (Mego, 2001), che l'autore mette un piede fuori dai territori d'avanguardia per riscuotere le attenzioni di una fascia di pubblico più ampia: l'universo avant-rock viene colto alla sprovvista dalla pubblicazione di un lavoro che scuote alla base le fondamenta di un genere ormai agonizzante, per conferirgli improvvisamente linfa e colore ed estenderne inaspettatamente i confini. Un disco destinato a fare epoca. Il riferimento è chiaramente ai Beach Boys e al film omonimo del 1966 di Bruce Brown in cui un gruppo di surfer insegue letteralmente l' estate attraverso le spiagge del mondo, in un meriggio estivo senza fine: come la California di Brian Wilson, le ambientazioni disegnate dal musicista austriaco diventano un vero e proprio state della mente, in un complesso circuito di rimandi (vengono alla mente My Bloody Valentine e Jesus & Mary Chain), in un processo di rimediazione culturale che capovolge ogni prospettiva precedente. "Endless Summer" e un album noise-pop, che fa della collisione tra due prospettive, della sovrapposizione tra due visioni del suono apparentemente inconciliabili, della stratificazione di sensazioni, umori, immagini, rumori e melodie la propria ragione di esistenza. Le asprezze, gli intoppi, le rugosità precedenti vengono levigate da una mana calda e morbida, che carica il suono di una sensibilità nuova e visionaria.
continua domani

lunedì 20 settembre 2010

IL MONDO DELLA CHITARRA VI Edizione dal 27 settembre al 26 ottobre 2010


Il “Mondo della Chitarra”, tra le principali e ormai consolidate manifestazioni promosse dall’ISSM “Conservatorio Guido Cantelli” di Novara, giunge alla sua sesta edizione, presentandosi quale appuntamento di sicuro interesse tra le varie iniziative dedicate in Italia a questo strumento musicale ad un tempo popolare e colto, storico e simbolo di modernità e di gioventù.
Anche quest’anno accoglieremo con gioia gli studenti provenienti da più parti, interessati
ad approfondire le problematiche concernenti il proprio strumento e ad assistere alle masterclass e ai concerti degli illustri ospiti, personaggi di caratura internazionale.
Anche gli studiosi e gli appassionati del settore sono i benvenuti in questa rassegna che
proporrà, oltre alla significativa presenza di chitarristi affermati, anche concerti di studenti provenienti dall’ISSM “Conservatorio Guido Cantelli”.
U n particolare ringraziamento va alla famiglia Cirignano che ha voluto donare al Conservatorio
la ricca biblioteca di Antonio, nostro studente di chitarra e noto musicologo torinese scomparso
prematuramente nel 2009. Ne ricorderemo la figura presentando il catalogo del Fondo che porterà il suo nome e dedicandogli un concerto.
Nel ringraziare l’instancabile coordinatore della rassegna, M° Guido Fichtner, anche quest’anno
coadiuvato dal M° Maurizio Grandinetti, e tutto il personale docente e non docente che collabora con sincero entusiasmo affinché tutte le manifestazioni del’ISSM “Conservatorio Guido Cantelli” possano avere il successo meritato, auguro a tutti gli studenti e agli appassionati, che frequenteranno il bel Conservatorio di Novara durante questo “momento” chitarristico, un soggiorno ricco di liete scoperte.

Il Direttore M° Ettore Borri

27 Settembre, ore 21, AUDITORIUM
Concerto, Marco Pisoni, chitarra “Tilings”, un progetto di metamorfosi musicale
Musiche di: Bach, Villa Lobos, Sor, Schubert, Ohana, ecc.

28 Settembre, ore 10-13 e 14-17, AULA 17
Seminario, Marco Pisoni. “Tilings”, come pensare un concerto

29 Settembre, ore 21, AUDITORIUM
Concerto, Bruno Giuffredi, chitarra.
Musiche di Bach, Tarrega, Villa-Lobos, Castelnuovo Tedesco e Respighi

30 Settembre, ore 10-13 e 14-17, AULA 7
Masterclass, Bruno Giuffredi, interpretazione.

4 Ottobre, ore 21, AUDITORIUM
Concerto, Allievi del Conservatorio Cantelli Musiche da definire

6 Ottobre, ore 18, AUDITORIUM
Presentazione del catalogo del “Fondo Cirignano”.
a seguire rinfresco e concerto dedicato ad Antonio Cirignano


6 Ottobre ore 21, AUDITORIUM
Concerto, Guido Fichtner Musiche di: Weiss, Dyens, Falla, Laurent, Trasi, Rodrigo e Pujol.

7 Ottobre, ore 21, AUDITORIUM
Concerto, Alieksey Vianna, chitarra Musiche di: Bach, Britten, Towner e Assad.

9 Ottobre, ore 10-13 e 14-17, AULA 7
Masterclass, Guido Fichtner, interpretazione.

10 Ottobre, ore 21, AUDITORIUM
Concerto, Marisa Mercadé, bandoneon e Alberto Vingiano, chitarra
Musiche di: Kapsberger, Iannarelli, Domeniconi, Piazzolla e altri autori sudamericani.

11 Ottobre, ore 9-13 e 14-16, AULA 7
Masterclass, Alberto Vingiano, Interpretazione.

13 Ottobre, ore 21, AUDITORIUM
Concerto, Allievi del Conservatorio Cantelli Musiche da definire

25-26 Ottobre, ore 10-13 e 14-17, AULA 7
Corso, Maurizio Grandinetti Introduzione all’improvvisazione.

Download Programma

Christian Fennesz: la chitarra è “glitch”, prima parte



Da Wikipedia … glitch

Il termine glitch è usato in elettrotecnica per indicare un picco breve ed improvviso (non periodico) in una forma d'onda, causato da un errore non prevedibile. Per estensione è usato per indicare un breve difetto del sistema in vari campi di applicazione dell'elettronica.
Si pensa che la parola inglese glitch derivi dal termine tedesco glitschen (slittare) e dalla parola yiddish gletshn (scivolare, pattinare).
Un classico glitch audio è il picco prodotto da un cavo con le saldature che stanno per saltare. Od anche, il suono della puntina di un giradischi che salta sulla traccia, al termine dei dischi in vinile. Questo ultimo suono può anche essere imitato da una drum machine generato artificialmente da un software.
Al vocabolo glitch deve il suo nome il genere musicale Glitch. Quest'ultimo infatti è realizzato secondo le teorie dell'estetica dell'errore, usando spesso e ritmicamente errori digitali o analogici registrati o generati.


I suoi capisaldi possono essere rintracciati in un pugno di dischi: "Un peu de neige salie" di Bernard Gunter [1993], "Systemisch" degli Oval [1994], "+/- di Ryoji Ikeda [1996]], "A" dei Pan Sonic [1999], l'antologia "Clicks and Cuts" della Mille Plateaux [2000], "Souls Hit" dei Oat Politics [2001]. Un genere ormai codificato con una propria grammatica ed un immaginario per certi versi gia standardizzato, aveva gia perso la sua carica più innovativa nel momento stesso in cui venivano riconosciuti i confini del proprio dominio estetico, radicato all'interno di certe tecnologie, ma non legato in manie­ra esclusiva ed esse.
Nella schiera degli artisti che nella seconda meta degli anni novanta riescono a gettare un ponte tra il rumore e una nuova idea di suono e musica c'è anche Christian Fennesz, che non di rado compare. nei primi anni della sua carriera, in associazione con i nomi di Peter Rehberg e Farmers Manual (progetto al limite tra sound e net art), di stanza presso l'etichetta Mego, ubicata a Vienna. Di Fennesz si è parlato come di uno tra i primi musicisti che hanno restituito calore al glitch sound, proprio lui che aveva contribuito a definirne i canoni.

"Fennesz sta facendo alla musica quello che Stan Brakhage ha fatto con il film, modificandone la tessitura stessa e elevando il disordine e l'errore a suggestiva forma espressiva. La sua musica obbliga a nuovi livelli di percezione e consapevolezza, a guardare oltre il caso che sembra governare i gesti della vita per trovarne le strutture nascoste" Nick Southall



A dire il vero il chitarrista austriaco non è mai stato un purista, se pensiamo che persino in un lavoro come "Hotel Paral.lel", sempre incluso tra quelli che hanno caratterizzato l'estetica glitch, tutti i suoni sono generati a partire dalla chitarra e non tramite procedimenti sintetici. E' il 1997 quando la label austriaca Mego da alle stampe questo lavoro, primo vero esito di un percorso in fuoruscita dal progetto rock sperimentale del trio noise-jazz Maische, in tensione verso la ricerca solitaria. Gli stilemi precedentemente in definizione in casa Mego, ancora sospesi nel design di una nuova materia acustica, plasmata attraverso uno svincolamento progressivo da ancoraggi post-industriali, vengono qui deformati dall'interno fino ad esplodere nell'elaborazione di un suono nuovo, che amalgama frequenze distorte, barlumi ritmici ed impercettibili linee armoniche di chitarra: una compatta patina impastata di rumore, distorsione e battiti asincroni lascia appena trapelare un sottile movimento melodico sul fondo. Una sinfonia caotica in quattordici movimenti che apre vie nuove al suono digitale, distanti per costruzione dalle soluzioni rigorose e geometriche individuate contemporaneamente dalla sperimentazione di Noto ed Ikeda.

continua domani

domenica 19 settembre 2010

Recensione di Americans di Scott Johnson, Tzadik, 2010


“Americans, are always the same to me, same to me….”

Nuovo di disco di Scott Johnson per la prestigiosa Tzadik, progetto di John Zorn. Un nuovo disco cha aggiunge nuovi capitoli alla sua avventura di sperimentatore e di compositore a cavallo tra atmosfere contemporanee e suggestioni pop e rock e dove la chitarra elettrica recita un ruolo di primo piano sia con un brano come “Bowery Haunt” suonato in copia con un giovane chitarrista / compositore americano chiamato Mark Dancigers, sia negli altri brani dove fornisce il proprio supporto all’interno di un ensemble.
Un disco diverso da “John Somebody” dove prevalevano le influenze del primo minimalismo americano. Qui Scott Johnson sembra aver indirizzato la sua attenzione verso la musica rock, conservando sempre però l’attenzione verso i sampler vocali come nel brano “Americans” che da il titolo all’album dove le musiche sono costruite attorno alle registrazioni di voci di immigranti negli Stati Uniti provenienti da Cina, Romania, e Afghanistan. Si respira in generale una maggiore attenzione verso il suono da ensemble, dove la chitarra gioca con gli altri strumenti, in certi momenti la sua musica mi ricorda i tempi dispari di Zappa di dischi come Jazz from Hell, o certe cose progressive dei King Crimson del dopo “Discipline”, Johnson sembra aver deciso di ripercorre la strada di compositori come Bela Bartok: utilizzare la musica popolare, il rock in questo caso, per estrarne elementi compositivi da poter rielaborare in nuove forme contemporanee, nuovi prototipi musicali con cui giocare per creare una musica d’avanguardia sì, ma allo stesso tempo collegata e non separata dalla società e dal suo tempo, una musica in cui si possa ascoltare il nuovo ma rimanendo sempre con la sospensione di chi, ogni tanto, coglie qua e la delle sfumature, delle idee già note e facenti parte del proprio bagaglio personale.
Bentornato Mr. Johnson, davvero un gran bel disco!

Empedocle70

Una piccola nota personale: sono davvero contento di tornare ad ascoltare dopo tanto tempo uno dei miei bassisti preferiti, il signor Kermit Driskoll.

sabato 18 settembre 2010

Intervista con Scott Johnson, quinta parte


I suoi prossimi progetti? Quando la vedremo suonare in Italia?

Io sto cominciando un progetto importante basato sulla voce del filosofo americano Daniel Dennett. Io trovo un grande senso di meraviglia nel mondo complesso che la scienza di Darwinian ci rivela, e Dennett ne è un forte fautore nella collettività filosofica.

Per ritornare ad Italia, speditemi un biglietto! Ho lavorato per una masterclass di composizione in Umbria l'estate scorsa, e mi è piaciuto molto. Io verrei piuttosto come compositore che come musicista, ma io sono sempre felice di avere una scusa per visitare questo vostro bel paese. Canterò, ballerò, farò trucchi magici.

L’ultima domanda il Blog viene letto da diversi studenti .. ha qualche buon consiglio da dargli?

Trovatevi un lavoro vero! E non fidatevi nel mio consiglio.

Ci lasciamo con un’ultima domanda .. che in realtà è più una riflessione: Luigi Nono ha dichiarato “Altri pensieri, altri rumori, altre sonorità, altre idee. Quando si ascolta, si cerca spesso di ritrovare se stesso negli altri. Ritrovare i propri meccanismi, sistema, razionalismo, nell’altro. E questo è una violenza del tutto conservatrice.” … ora .. la sperimentazione libera dal peso di dover ricordare?

Se io sto capendo correttamente Nono, io penso che lui stia dicendo che noi spesso ascoltiamo senza sentire quello che l'altro sta pensando, ma solamente sentendo i nostri propri pensieri riflessi.

Sì, la maggior parte delle persone nella maggior parte del tempo ricorda se stessa, vedendo solamente i loro pensieri pre-esistenti nel lavoro di qualcun altro. Quello è parte di ciò che è la cultura: un gruppo di primati sociali in un cerchio, che dicono a loro stessi che tutti sentono nello stesso modo. E spesso è non è un peso - spesso è un conforto. Forse un conforto leggermente pigro, come la maggior parte dei conforti. Ma le persone hanno anche momenti quando loro sono annoiati dai conforti, e vuole delle avventure. Alcune persone vogliono più spesso di altri questo sentimento, e loro sono il pubblico per la musica nuova.

La sperimentazione sarà sempre un interesse per una minoranza. Ma molte persone ancora hanno momenti di curiosità, quando loro hanno bisogno di qualche cosa nuovo, e noi non dovremmo scacciarli via. Offrire la novità è il nostro lavoro nella cultura. Qualche volta noi saremo assunti, qualche volta no. Ma l'evoluzione assicura che la cultura avrà sempre bisogno di sperimentatori. Noi serviamo la stessa funzione all'interno della cultura che la mutazione genetica fornisce in natura: una fonte di variazioni non prevedibili. L'evoluzione non può avvenire senza un pool di variazioni in cui poter scegliere. Noi disegniamo i prototipi.

Scott Johnson, February, 2010

venerdì 17 settembre 2010

Masterclass di Arturo Tallini e Laboratorio di Improvvisazione Libera


5° Festival Internazionale di Chitarra
Città di Monterotondo (Rm)
4-8 Dicembre 2010
Masterclass di Arturo Tallini
e
Laboratorio di Improvvisazione Libera


La Masterclass di Arturo Tallini si terrà a Monterotondo in Sala Rodari presso l’I.C. eSpazia di Monterotondo, sito in via Kennedy 58 .
Le lezioni, si terranno nel periodo 4 - 8 dicembre 2010 con il seguente orario:
Ore 10.°° - 13.°° Ore 16.°° - 20.°°
Solo il giorno 4 le lezioni avranno inizio alle 15.°°.
Gli orari delle lezioni potranno subire cambiamenti in relazione al numero degli allievi.
Il partecipante potrà scegliere liberamente il repertorio da studiare. All’interno della Masterclass, peraltro, è previsto un Laboratorio di Improvvisazione libera, guidata da Arturo Tallini.
Mercoledi 8 Dicembre alle 21.°° gli allievi prescelti suoneranno in concerto nella Sala Consiliare di Palazzo Orsini.
A fine concerto una giuria esprimerà il voto per assegnare la borsa di studio, del valore di 200 euro, al vincitore partecipante alla Masterclass.
La giuria sarà composta da Arturo Tallini, da un chitarrista di fama e dal pubblico.
Ai fini della votazione il pubblico ha, il valore di un giurato, dunque la scelta si baserà su 3 voti.
L’organizzazione La partecipazione alla Masterclass, che prevede allievi effettivi ed allievi uditori ha i seguenti costi:
• allievi effettivi € 200,00
• allievi uditori € 50,00
Sono previste un minimo di 3 lezioni individuali per gli allievi effettivi e varie lezioni collettive di improvvisazione (in relazione al progredire del laboratorio).
Modalità di iscrizione
Le domande di iscrizione dovranno pervenire entro il 25 Novembre 2010; unitamente alla ricevuta di pagamento della quota di € 50,00, versata a titolo di acconto sul costo totale della Masterclass. (dati bancari sul retro del presente depliant)
Tale acconto non sarà rimborsato in caso di rinuncia da parte dell’allievo.
La domanda di iscrizione e la ricevuta del pagamento dovranno essere inviate via fax al n.
06233215269 o, via emaiI, all’indirizzo cantieredellamusica@libero.it
Per l’alloggio è prevista una convenzione con l’hotel I Leoni di Monterotondo (06 90623591) con i seguenti prezzi:
Stanza Singola 45, 00 euro
Stanza Doppia 60,00 euro
Stanza Tripla 80,00 euro
Altre strutture ricettive a Monterotondo:
http://www.comune.monterotondo.rm.it/d-viverecitta/turismo.aspx

Intervista con Scott Johnson, quarta parte


Ho, a volte, la sensazione che nella nostra epoca la storia della musica scorra senza un particolare interesse per il suo decorso cronologico, nella nostra discoteca-biblioteca musicale il prima e il dopo, il passato e il futuro diventano elementi intercambiabili, questo non può comportare il rischio per un interprete e per un compositore di una visione uniforme? Di una “globalizzazione temporale” musicale?

È vero che oggi noi abbiamo accesso a molti più dettagli storici, ed anche accesso a più culture. E sì, questo condurrà sia castelli inaccessibili come l’ Alto Modernismo, che a cose tristi come la New Age. Ma le persone creative troveranno sempre un modo per fare qualcosa di interessante con qualunque materiale a portata di mano. Io non sono preoccupato.

Io non considera la globalizzazione un rischio. Io la considero un'opportunità per una fecondazione incrociata, e la creazione di ibridi. Non mi piace la purezza. E chiaramente, delle tradizioni culturali si estingueranno. Le tradizioni muoiono sempre e poi qualche cosa di nuovo nasce. C’è qualcuno che sa parlare in etrusco, o cantare canzoni etrusche? No, ma i discendenti degli etruschi stanno vivendo benissimo oggi a Siena.


Parliamo di marketing. Quanto pensa che sia importante per un musicista moderno? Intendo dire: quanto è determinante essere dei buoni promotori di se stessi e del proprio lavoro nel mondo della musica di oggi?

È importante per guadagnarsi da vivere, ma per me non è un piacere farlo. Qualche volta mi fermo nel farlo per periodi lunghi di tempo, e poi ognuno mi dimentica di me finché io non ricomincio a farlo di nuovo. È anche importante per pulirsi denti, buttare l'immondizia, e lavare i piatti. La vita non è sempre divertente.

Come vede la crisi del mercato discografico, con il passaggio dal supporto digitale al download in mp3 e tutto questo nuovo scenario?

È un paradiso per chi ascolta ed un disastro per chi crea. Ora i musicisti devono impiegare parte del loro tempo per creare musica in modo da produrre e promuovere incisioni che probabilmente perderanno soldi. La situazione è buona per i musicisti che sono star carismatiche, ma io ho paura che la gente non riuscirà ad ascoltare qualcuno dei lavori migliori di oggi. La cultura ha bisogno di risolvere questo problema, ed evolvere verso un sistema nuovo per remunerare i musicisti e proteggere i loro diritti.

Ci consigli cinque dischi per lei indispensabili, da avere sempre con se.. i classici cinque dischi per l‘isola deserta..

Io non posso rispondere veramente a questa domanda. Le mie abitudini di ascolto di musica nuova cambiano continuamente, perché io sono curioso. I miei gusti in musica classica sono molto comuni, a tutti piace Beethoven o Stravinsky. Lo stesso con musica popolare, alcune persone intelligenti come i Radiohead. Aspetti, probabilmente Lei non ha mai sentito questa band: i Dirty Projectors (provi "The Getty Address"). Ma non ci sono dischi essenziali, io posso stancarmi di qualsiasi cosa se io lo ascolto abbastanza.

Quali sono invece i suoi cinque spartiti indispensabili?

Le stesse cose di prima, le uniche cose che io posso dire sono molto ovvie. A chi non piace il "Sacre?" Oh, aspetti, proviamo con "Yo Shakespeare" di Michael Gordon.

Con chi le piacerebbe suonare? Che musiche ascolta di solito?

Io cerco di non suonare! Mi piace scrivere la musica. Io voglio sedere su una sedia mentre qualcuno migliore di me suona i miei spartiti.

Ci sono tipi diversi di ascoltare, perché stili diversi di musica hanno scopi diversi. La musica gli dà istruzioni su come vuole che Lei si comporti. Musica che mi dice di sedermi e di focalizzare l’ascolto può essere irritante se io non mi sto concentrando, e musica che crea una buona atmosfera sociale può essere irritante se la si ascolta attentamente troppo a lungo. Anche all'interno della categoria di "ascoltare serio", io ho gusti molto eclettici. Mi piace variare.


continua domani

giovedì 16 settembre 2010

Intervista con Scott Johnson, terza parte


La Tzadik è una delle mie etichette musicali preferite, come ha iniziato a lavorare con loro? Lei ha registrato un nuovo disco con la Tzadik…


Tzadik è un progetto di John Zorn, e noi condividiamo un background comune nella "downtown New York scene” che ho citato sopra. I nostri percorsi sono stati molto diversi, ma mi piace la sensazione di cameratismo. Di recente è stato prodotto un mio cd per ensemble elettrico su Tzadik che comprende "Americans", in una registrazione fatta con musicisti proprio qui a New York. E' un pezzo che usa campionamenti, costruito intorno alla voce degli immigrati in America dalla Cina, Romania, e Afghanistan.

Cosa significa l’improvvisazione per la tua ricerca musicale? Pensa che sia possibile parlare di improvvisazione per la musica classica o dobbiamo rivolgerci ad altri repertori come il jazz, musica contemporanea, ecc?

Non c'è improvvisazione nei miei pezzi, ma la mia estetica richiama fortemente stili “improvvisativi” come il rock e il jazz, e io preferisco musicisti che capiscono sia musica scritta che musica improvvisata. Nei primi lavori come "John Somebody" io suono alcuni assoli che cominciano come improvvisazioni, che poi ho montato e riscritto. Credo che questo non fosse così insolito per i compositori prima del XX secolo. Molti compositori barocchi, classici e romantici sono stati anche gli improvvisatori famosi, ma questo si è in gran parte perduto.
È certamente possibile oggi suonare mista composta e improvvisata. E 'raro in ambienti classici contemporanei, ma alcune persone si sono specializzati in questo - Zorn è un esempio. Io uso solo l'improvvisazione come ispirazione per realizzare musiche completamente composte e scritte, ma questa è solo una mia abitudine personale, non una posizione ideologica.

Nel 1968 Derek Bailey chiese a Steve Lacy di definire in 15 secondi la differenza tra improvvisazione e composizione, la risposta fu “In 15 secondi la diferenza tra composizione e improvvisazione è che nella composizione uno ha tutto il tempo di decidere che cosa dire in 15 secondi, mentre nell’improvvisazione uno ha 15 secondi” .. la risposta di Lacy era troppo ironica o corrisponde a verità?

La risposta è divertente, ma non molto accurata. È certamente vero che un compositore può prendersi tutto il tempo che vuole per decidere cosa fare in circa 15". Ma un improvvisatore realmente non sta facendo tutto in quei 15". Quei 15 secondi sono preceduti da 15 ore o 15 settimane o 15 anni di pratica, e la maggior parte del lavoro duro si esaurisce prima che loro salgano sul palco. Nei 15" di musica, il cervello dell'improvvisatore e i suoi muscoli stanno creando una variazione su dei percorsi già esistenti.

Qual è il ruolo dell’Errore nella sua visione musicale? Dove per errore intendo un procedimento erroneo, un’irregolarità nel normale funzionamento di un meccanismo, una discontinuità su una superficie altrimenti uniforme che può portare a nuovi sviluppi e inattese sorprese..…

Per me l'errore non è un problema, è il mio metodo normale per operare. Io non sono mai stato completamente a mio agio con la preferenza per la pianificazione anticipata in uso in molti stili del XX secolo. Sia il Serialismo che il Minimalismo enfatizzano entrambi un pensiero sistematico, anche se il Minimalismo cominciò come una ribellione contro il Serialismo.

Io scrivo in un modo molto intuitivo, ed cerco sempre idee che appaiono mentre lavoro. Io comincio con piani strutturali e generali, ma se poi ho un’idea migliore mentre sto lavorando, di solito cambio il sistema e seguo l'idea nuova. Per me un sistema è un modo di realizzare un certo effetto, non un ideale su cui io tento di vivere. La tecnica dovrebbe ricoprire un ruolo subordinato non quello di comandante in capo.


Sembra essersi creata una piccola scena musicale di chitarristi classici dediti a un repertorio innovativo e contemporaneo, oltre a lei mi vengono in mente i nomi di Elena Càsoli, Arturo Talini, Maurizio Grandinetti, Marco Cappelli e David Tanenbaum, David Starobin, Marc Ribot con gli studi di John Zorn … si può parlare di una scena musicale? Ci sono altri chitarristi che lei conosce e ci può consigliare che si muovono su questi percorsi musicali?

Conosco quasi tutti i chitarristi che lei menziona, ed io ho lavorato con molti di loro. Sì, c'è una scena in crescita di chitarristi, ed anche di chitarrista-compositori. Sul nuovo cd uscito per la Tzadik , io suono il mio duetto di chitarre elettriche “Bowery Haunt” con un giovane chitarrista / compositore americano chiamato Mark Dancigers. Ho suonato questo pezzo anche in Italia, nel veneto nel 2008, con Marco Pavin, un chitarrista di Padova. Wik Hijman ad Amsterdam ha organizzato un festival per la chitarra elettrica chiamato "Output", e qui a New York c'è un elenco crescente di giovani chitarristi classici che suonano elettrico, e capiscono i suoni idiomatici e le tecniche del rock. Io penso questo contribuirà ad un futuro sano per la tradizione classica.

Parlando di compositori innovativi, che ne pensa di John Zorn e della scena musicale downtown newyorkese così pronta ad appropriarsi e a ricodificare di qualunque linguaggio musicale, dall’improvvisazione, al jazz, alla contemporanea, al noise, alla musica per cartoni animati?

Io ho conosciuto John, ed altri che lavorano sia con l’improvvisazione che con composizioni musicali, per molti anni. Anche se la nostra musica sembra molto diversa, io penso che in qualche modo noi stiamo lavorando sullo stesso problema fondamentale: come fare una nuova “musica artistica" che accetta inspirazione dovunque, non solo da fonti accademicamente accettate.

Come è la situazione negli Usa e a New York? Quanto la crisi ha colpito la scena musicale?

La già cattiva situazione è peggiorata. L’appoggio per la musica sperimentale ha registrato un lento declino fin dagli anni ‘90, e così la crisi finanziaria ci ha colpiti già in un momento di debolezza. Per la maggior parte della gente le arti sono un lusso--così se il Titanic affonda, noi finiamo in acqua molto rapidamente.


continua domani

mercoledì 15 settembre 2010

Intervista con Scott Johnson, seconda parte


Berlioz disse che comporre per chitarra classica era difficile perché per farlo bisognava essere innanzitutto chitarristi, questa frase è stata spesso usata come una giustificazione per l’esiguità del repertorio di chitarra classica rispetto ad altri strumenti come il pianoforte e il violino. Allo stesso tempo è stata sempre più “messa in crisi” dal crescente interesse che la chitarra (vuoi classica, acustica, elettrica, midi) riscuote nella musica contemporanea. Lei come compositore e chitarrista ritiene quanto ritiene che ci sia di veritiero ancora nella frase di Berlioz?

Berlioz le parole non sono più valide a seguito dell’utilizzodella chitarra elettrica o amplificata in situazioni di ensemble. Ma sono ancora vere per assolo di chitarra classica con trame polifoniche, perché le diteggiature e i giochi di voci della chitarra e sono molto idiomatiche e difficili. Le chitarre acustiche non amplificate non può ancora giocare alla pari nei grandi gruppi misti - le chitarre non hanno un volume sonoro sufficientemente alto. Ma con chitarre elettriche questo non è un problema – semmai è pericoloso il contrario!
Come gli strumenti ad arco che possono pizzicare le corde, la chitarra elettrica oggi è uno strumento con due suoni distinti: utilizzando la distorsione, le chitarre elettriche possono fare una sola linea sonora con lunghe note tenute. Ora è possibile scrivere una parte di chitarra soddisfacente, senza alcuna conoscenza specialedi quella che ci vuole per scrivere una parte per violino, con occasionali double stops o open strings. Ma per i passaggi pienamente armonizzati, la chitarra è ancora uno strumento difficile, come una mano su un pianoforte. Quindi, per la scrittura polifonica, Berlioz ha ancora ragione.

Ho davvero apprezzato il suo disco "John Somebody" .. Penso che sia un disco minimalista che suona con la forza della musica rock, quanto è stato ispirato dalle prime musiche composte da Steve Reich?

La maggior parte delle persone non sono consapevoli del fatto che Steve Reich e io ci siamo influenzati a vicenda, in primo luogo io con lui, e poi viceversa. I suoi primi vocali in loop sono state una delle tre influenze che ho avuto quando ho inventato l'idea di trascrivere i passi e i ritmi del discorso in linee strumentali, cosa che ebbe inizio con " John Somebody " (1979-1982). Le altre mie ispirazioni sono state le trascrizioni di Messiaen delle melodie del canto degli uccelli, e il botta e risposta (call-and-response) tra cantanti e strumentisti del blues di Chicago. Il Blues è stato molto influente per la maggior parte della mia generazione - sono cresciuto in una città universitaria a nord di Chicago, e ha giocato in un bar locale, dove molti di quei musicisti sarebbe venuto a suonare.

Così primi pezzi di Steve hanno influenzato " John Somebody ", e poi " John Somebody " influenzò Steve che adottò le mie idee nella trascrizione in "Different Trains". E 'come rapporto tra Manet e la giovane generazione dei pittori impressionisti: sono stati influenzati dai primi lavori di Manet, e lui nelle sue opere più tarde ha adottato alcune delle loro tecniche. Ciò dimostra come le influenze possano viaggiare in entrambe le direzioni. Ora passo un sacco di tempo ad ascoltare giovani musicisti, e mi auguro che la loro influenza apparirà nel mio lavoro. E 'un segno di vita e di evoluzione.

Ho trascorso i miei primi anni a New York in una scena musicale post-moderna dominata dal minimalismo, e " John Somebody " è stato probabilmente il mio pezzo dal suono più minimalista. La maggior parte del mio lavoro recente ha un tasso veloce di cambiamento e di “contrasto”, con molto poco del senso di sospensione del tempo che si trova nel primo minimalismo (cosa che credo fosse importata, da fonti africane e asiatiche). Ma il minimalismo è stato molto importante per me in quel momento, perché offriva un percorso lontano dal modernismo atonale che ancora dominava la scena nei conservatori.

Minimalismo è stato un momento rivoluzionario nella musica moderna, ma era già ben consolidato quando ho cominciato a scrivere (alla fine degli anni ‘70). E 'stato importante per me trovare qualcosa di più personale, e la mia esperienza con la musica rock mi ha fornito la giusta strada. La mia idea era che nei primi secoli la musica classica europea aveva sempre importato DNA musicali dalle musiche folk che la circondavano, e il rock era la mia musica folk. Così ho usato il mio naturale ambiente culturale per fare una musica con un maggiore senso narrativo del tempo, spostandomi dalla stabilità del minimalismo. Se si ascolta l'opera successiva dei minimalisti della prima generazione, come Philip (Glass), Steve (Reich), e Terry Riley, puoi sentire che hanno anche sentito il bisogno di trovare una soluzione verso una musica meno statica.

Uno dei tuoi lavori, Americans, è stato interpretato da Sentieri Selvaggi e dalla chitarrista italiana Elena Càsoli a Milano, ci vuole parlare di questa esperienza?


Sono stato molto felice per l'eccellente lavoro di Sentieri Selvaggi e il loro direttore d'orchestra Carlo Boccadoro, e spero che lavoreremo insieme in futuro. E sono stato impressionato dal fatto che Elena fosse in grado di fornire una buona interpretazionedi questo pezzo con la tecnica finger-picking. Tutte queste parti di chitarra sono molto basati sulla tecnica rock del plettro, e non ho mai pensato di provare col finger-picking. Anche se, tra i chitarristi rock, Jeff Beck ottiene certamente un suono unico e impressionante suonando con le dita.Il pezzo con cui si sono esibiti, "Americans", è una delle mie composizioni recenti con più influenze. Sono contento che molti ensemble europei comincino ad essere interessati a musica "classica" che accetta influenze popolari così palesi.


continua domani