mercoledì 13 gennaio 2010

Intervista con Luca Mosca, seconda parte


Ho, a volte, la sensazione che nella nostra epoca la storia della musica scorra senza un particolare interesse per il suo decorso cronologico, nella nostra discoteca-biblioteca musicale il prima e il dopo, il passato e il futuro diventano elementi intercambiabili, questo non può comportare il rischio per un interprete e per un compositore di una visione uniforme? Di una “globalizzazione” musicale?




Quello che temo è che si consideri tutta la musica, ma in generale tutte le arti, su un'unica scala di valori. Resto dell'opinione che sia importantissimo rendersi conto che Sciarrino e Sting non sono la stessa cosa, che Bacon e Tex Willer non sono la stessa cosa, che Kundera e Stephen King non sono la stessa cosa. Sono tutti degni di considerazione e fanno parte della complessità del mondo, ma esercitano i loro mestieri in maniera radicalmente diversa e i frutti del loro lavoro non possono essere messi sullo stesso piano, perché questo piano non esiste.

Luciano Berio ha scritto “la conservazione del passato ha un senso anche negativo, quanto diventa un modo di dimenticare la musica. L’ascoltatore ne ricava un’illusione di continuità che gli permette di selezionare quanto pare confermare quella stessa continuità e di censurare tutto quanto pare disturbarla”, che ruolo possono assumere la musica e i compositori contemporanei in questo contesto?

I mezzi di comunicazione e l'educazione musicale ostacolano aspramente la maturità dell'ascoltatore, col rischio che il compositore si trovi sempre meno stimolato a cercare soluzioni personali. E' fondamentale cogliere l'insegnamento della musica del passato in cui i grandi compositori raccoglievano tutti gli stimoli esterni, ma li incanalavano rigorosamente in uno stile del tutto individuale, unico.

Quale significato ha l’improvvisazione nella sua ricerca musicale? Si può tornare a parlare di improvvisazione in un repertorio così codificato come quello classico o bisogna per forza uscirne e rivolgersi ad altri repertori, jazz, contemporanea, etc?

La primissima fase del mio lavoro consiste in improvvisare al pianoforte, ed è da questa che traggo la maggior parte del materiale che uso. Solo successivamente subentra il lavoro razionale, anche fatto a tavolino. E' infine per me indispensabile la verifica di tutto quello che scrivo attraverso il suono del mio strumento.

Nel 1968 Derek Bailey chiese a Steve Lacy di definire in 15 secondi la differenza tra improvvisazione e composizione, la risposta fu “In 15 secondi la diferenza tra composizione e improvvisazione è che nella composizione uno ha tutto il tempo di decidere che cosa dire in 15 secondi, mentre nell’improvvisazione uno ha 15 secondi” .. lei si ritrova in questa definizione, oppure Lacy ha esagerato in arguzia e ironia?


La risposta è deliziosa e calzante, tenendo presente però che nell'improvvisazione di Lacy o nell'improvvisazione di Picasso o di qualsiasi altro grande artista c'è a sovrintendere tutta la loro straordinaria esperienza precedente.

Il 20 Gennaio 2005 al Teatro Fondamenta Nuove è andato in scena una specie di "autoritratto" musicale dedicato alla sua produzione pianistica, che ricordo ha di quella serata?

Quella sera, come ogni volta che eseguo la mia musica, ho sentito tensione, gioia, paura, liberazione e, infine, consapevolezza di fare una cosa in cui credo da sempre.

continua domani...

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