sabato 25 dicembre 2010

Tanti Auguri di Buon Natale e di Felice Anno Nuovo!


Tanti Auguri di Buon Natale e di Felice Anno Nuovo!

A Voi e alle Vostre Famiglie!


Il Blog si prende un po' di ferie .. ci rivediamo dopo l'Epifania

venerdì 24 dicembre 2010

Nuova uscita per AlchEmistica: Angelo Mirante "Guitar Improvisation Project"

Care Amiche e cari Amici,
è con grande piacere che Vi annuncio la nuova uscita "natalizia" per AlchEmistica, la nostra quinta realise!

Angelo Mirante ha voluto collaborare con due splendide improvvisazioni al nostro "Guitar Improvisation Project".

Di che musica sei? Programazione musicale dal 27 al 31 dicembre




Di che musica sei? Programazione musicale dal 27 al 31 dicembre 2010

Su Radio Voce della Speranza




La programmazione settimanale

Laboratorio di Improvvisazione Musicale Ca' Foscari Venezia


Sono aperte le iscrizioni al laboratorio di improvvisazione musicale organizzato dall’Ateneo, in collaborazione con il Coservatorio “Benedetto Marcello", nell’ambito di MusiCaFoscari.

Da febbraio a maggio 2011, per due lunedì al mese, sarà organizzato, presso il Teatro Ca’ Foscari (ex Poli a Santa Marta), un ciclo di incontri a libero accesso con interpreti dell’improvvisazione e della sperimentazione, tra cui Walter Prati, Arrigo Cappelletti, Laboratorio Nova Musica, Nigredo nBn (Fazzini, Fedrigo, Canevali), Davide Amodio e Piero Bittolo Bon, chiamati a dimostrare con esecuzione dal vivo e a spiegare verbalmente in che modo intendono l’improvvisazione.

Pensato per riflettere sulla cosiddetta “improvvisazione” – parola molto usata ma poco pensata – senza esclusione di linguaggi, generi e pratiche musicali, il laboratorio vuole da un lato aprire un dibattito sul tema e, dall’altro, costituire un gruppo di pratiche dell’improvvisazione.
L’intenzione è infatti quella di offrire spunti ed occasioni di incontro per ricombinare le competenze in previsione di un concerto finale.

Le iscrizioni sono aperte anzitutto agli studenti e personale di Ca’ Foscari, Conservatori, IUAV e Accademia.

Chi si iscrive può scegliere tra due modalità di partecipazione:

1 - In qualità di uditore: come partecipante a un gruppo che intende approfondire concetti teorici legati all'improvvisazione.

2 - in qualità di musicista: come partecipante a un gruppo di improvvisazione, previa audizione, con qualsiasi strumento musicale, voce o laptop. Si richiede la padronanza dello strumento o della voce.

I partecipanti avranno a disposizione lo spazio del teatro sia per gli incontri sia per le prove del gruppo musicale.

Scadenza Iscrizioni: 20 gennaio 2011.

I Rachel's, post rock avantgarde ensemble, quinta parte

Nel 1996, inoltre, i Rachel's hanno realizzato il loro primo lavoro sinfonico registrato insieme alla Turtle Bluff Orchestra di Port Towsand, Washington. E hanno collaborato con registi, compagnie di danza, produttori teatrali e fotografi. Coltivando il loro amore per il cinema, hanno composto brani per film indipendenti e lungometraggi, tra i quali "Ogni maledetta Domenica" di Oliver Stone, "Star Maps" di Miguel Arteta e il francese "Una relazione privata". La loro musica è stata la colonna sonora del film-documentario "A day to remember" sull'inglese Channel 4.



Difficile parlare di rock ormai con i Rachel's di Systems/Layers (2003). Con questo disco, 19 brani però legati come un'enorme suite, i riferimenti ormai devono essere presi in altro ambito: Gavin Bryars, Philip Glass, Penguin Cafè Orchestra, Gorecky, gli ultimi Stars of The Lid... Systems Layers (Quarterstick, 2003) raccoglie musica composta per una compagnia teatrale, e soffre della frammentarietà di un simile lavoro, ma contribuisce anche ad introdurre nuove tecniche compositive, sviluppate sotto l'influenza dei Matmos. Found sounds e field recordings sono usati in tutta la registrazione, ma in un modo altamente austero e discreto. Il miglior mezzo per i Rachel è sempre l'antinomia romantico/cupo che permea i loro più lunghi pezzi da camera. Qui, è chiaro il modo in cui le scure, oppressive quasi funeree sonorità di Moscow Is In The Telephone, Esperanza, Water From The Same Source, Expect Delays, vengono temperate da melodie delicate (alternamente suonate al pianoforte, al violoncello e al violino). L'ensamble costruisce tessiture, e uno strumento, o una combinazione di strumenti, la disfa, come un raggio di sole che irrompe tra una fitta nebbia. La musica dei Rachel brilla veramente al confine tra romanticismo ed espressionismo. Il momento più romantico di questo faux romanticism è la sonata pianistica Anytime Soon, per il resto si registra una quasi totale assenza di percussioni, progressivo distacco dalla ciclicità minimale ormai sfruttata all'inverosimile, tono dell'opera a tratti molto cupo con grandi aperture romantiche, disco molto descrittivo, espressionista, malinconico, alternanza e sovrapposizione degli archi e delle parti strumentali con rumori ambientali, utilizzo sporadico dell'elettronica, voci e discorsi trovati, violoncelli drammaturgici, pianoforti esistenziali, accenni isolazionistici, perfino una canzone.

Ermetica e austera, la musica di Rachel's appartiene ormai di diritto alla tradizione cameristica dell'avanguardia.

Empedocle70

giovedì 23 dicembre 2010

Claxica 2011: 3° CONCORSO INTERNAZIONALE DI COMPOSIZIONE PER CHITARRA CLASSICA


3° CONCORSO INTERNAZIONALE DI COMPOSIZIONE PER CHITARRA CLASSICA


L’associazione musicale "Ousia Armonica" in collaborazione con i Comuni di Castel d’Aiano (BO) e Montese (MO) indice e organizza la terza edizione del concorso internazionale di composizione per chitarra classica.
GIURIA:La giuria sarà pubblicata sulle pagine del sito di Claxica almento con un mese di anticipo rispetto la chiusura delle iscrizioni.

PREMI:L’autore della composizione vincitrice riceverà un premio di 1.000 (mille) euro e l’opera verrà pubblicata dalle Edizioni Musicali Sinfonica (ai fini della pubblicazione sarà compito del compositore vincitore far pervenire all’organizzazione la partitura in formato digitale). Il brano sarà eseguito in prima esecuzione durante la serata conclusiva del festival Claxica dal chitarrista Giovanni Maselli. Il secondo e il terzo classificato riceveranno un diploma di merito.
Il termine ultimo per l'invio delle partiture è il 20 maggio 2011.


I Rachel's, post rock avantgarde ensemble, quarta parte



Dopo aver toccato simili punte di raffinata avanguardia post-rock da camera, i Rachel's si indirizzano verso un folk-rock neoclassico, che ha nelle suite di Art Zoyd e Univers Zero. Selenography (Touch & Go, 1999), registrato nell'arco di due anni da una formazione mutevole attorno ai tre leader, cristallizza il sound in una forma solenne e marziale di folk per pianoforte e sezione d'archi, una forma di musica strumentale che e` al tempo stesso melodica e pittorica, ma sulla falsariga piu` della musica new age che della musica classic, dalle tinte notturne e romantiche ("French Galleasse", "Forgiveness", "On Demeter"). Oltre ai soliti temi post-rock e classici, subentrano sonorità spiccatamente folk, country e a tratti perfino medievali ("Honeysuckle Suite"), mentre soltanto la miscela di musica dissonante, jazz notturno e musica da camera romantica di On Demeter, l'armonia sospesa in maniera minimalista di An Evening Of Long Goodbye e la parodia delle colonne sonore di The Mysterious Disappearance of Louis LePrince lasciano sperare in qualcosa di piu` sostanzioso e meno ripetitivo.
Nonostante che a dare manforte alla compagine di Baltimora, oltre a un'orchestra di quattordici elementi, ci siano anche la voce "mistica" di Giovanna Cacciola degli Uzeda e la presenza palpabile di Bob Weston degli Shellac, questo disco aggiunge ben poco ai precedenti capolavori.

Con Full On (Quarterstick, 2000) i Rachel's si avvalgono della collaborazione della band di punta della nuova scena elettronica d'oltre Oceano, i Matmos, per il remix più sperimentale di "The Precise Temperature Of Darkness" e ripropongono "Full On Night" con nuovi e sempre più forbiti arrangiamenti.
Prodotti dalla Quarterstick (derivazione della Touch & Go, che annovera, tra gli altri, i June Of '44), i Rachel's mantengono anche stretti contatti con altre formazioni della scena indie, tra Chicago e Louisville. Rachel Grimes, ad esempio, collabora con The Sonora Pine (anche loro su Quarterstick Records), band in cui milita Kevin Coultas, batterista per gli stessi Rachel's ed ex Rodan; Jason Noble (anche'egli ex Rodan) suona negli Shipping News; come detto, partecipa al lavoro, nella veste di bassista e ingegnere del suono, anche Bob Weston, bassista degli Shellac (oltre che produttore per gruppi quali Archers Of Loaf, Hurl etc.). L’EP mette in evidenza la loro pari abilità sia con il jazz (il motivo d'insieme, gli assoli sperimentali, la coda noisy) che con la musica classica (la ballata per piano, gli struggimenti di violino).

mercoledì 22 dicembre 2010

Duo Lumen in Concerto


Giovedì 6 gennaio
Teatro di Spiazzo Rendena (TN)
ore 16.30
“CONCERTO DELL’EPIFANIA”
- - - -
Domenica 2 gennaio
Teatro Comunale di Cerro Veronese (VR)
ore 17.00
“DUO LUMEN IN CONCERTO”


Il DUO LUMEN nasce da un'amicizia e da un percorso di studi comune.Diplomati nello stesso anno nella classe del M° Mariano Andreolli presso il Conservatorio di Rivadel Garda (Tn), iniziano a studiare stabilmente insieme e ad approfondire il repertorio per duechitarre al Biennio Cameristico di Secondo Livello.Laureati nel 2007, continuano a perfezionarsi in duo frequentando masterclass e seminari con i piùimportanti chitarristi italiani tra cui: Matteo Mela, Andrea Dieci, Leopoldo Saracino, BrunoGiuffredi.Attualmente studiano all’Accademia “G. Regondi” di Milano.Interessati all'importante e consistente letteratura originale di inizio '800 e '900 inserisconocostantemente brani moderni, contemporanei e trascrizioni nel loro programma concertistico.Hanno trascritto, a loro volta, brani per duo chitarristico pubblicati per la casa editrice Berben.Il DUO LUMEN suona chitarre Philip Woodfield.


I Rachel's, post rock avantgarde ensemble, terza parte

Già reduce dallo spiazzante debutto "Handwriting" e dall'omaggio schoenberghiano "Music For Egon Schiele", il collettivo dei Rachel's diventano piu` che una semplice occasione di far musica fra amici con The Sea And The Bells (Quarterstick, 1996) ancora sotto la direzione di Bob Weston e con un'amplissima formazione (diciassette elementi) che, accanto a musicisti di formazione eminentemente classica, ne vede altri che, dimessa ogni amplificazione e sovrastruttura elettrica, accostano a una complessa strumentazione orchestrale – dagli onnipresenti archi fino a tromba, clarino e timpani – i soli contributi estranei di una robusta sezione ritmica e di field recordings di tanto in tanto affioranti.



Ispirato dall'omonima ode di Neruda, due versi della quale campeggiano all'inizio dell'elegante libretto accluso al disco, concepito come una sorta di diario di bordo di una navigazione collocata in un passato in cui ogni viaggio rappresentava un'avventura e il distacco dalla terra simboleggiava la transizione a una realtà indefinita nello spazio e nel tempo. Altrettanto simbolico risulta dunque il richiamo a quei versi, non solo per l'immaginario marittimo che funge da filo conduttore dell'album, ma anche per la desemantizzazione qui compiuta dai Rachel's, tanto nel senso di un'espressività travalicante l'uso stesso della parola, quanto in quello di una riduzione del linguaggio musicale a strutture primigenie e in apparenza semplici, nelle quali i confini tra significato e significante si riducono fino a svanire.
"The Sea And The Bells" è un concept-album interamente dedicato al tema del mare e dei naviganti. Tredici i brani, per un'ora di musica, con il pianoforte di Rachel in evidenza, attorniato da violino, viola, violoncello, chitarra, basso, batteria e, per l'appunto, campanelli, a creare un "sound so pure. simple and passionate" ("Transmission"). La storia, che racconta di mare, di viaggi e di sirene, si snoda in maniera lenta e suggestiva, con un incedere quasi teatrale, tra arie rinascimentali eseguite nello spirito minimalista della Penguin Cafe` Orchestra (Rhine & Courtesan) e minimalismo drammatico stile Nyman (Cypress Branches), soffici sonate al pianoforte (Tea Merchants) e adagi pastorali lasciati fluttuare nel nulla ("All Is Calm"), brani di puri effetti timbrici con istantanee di tenebrosi field recordings come With More Air Than Words, paesaggi sonori appena abbozzati come Night At Sea e pezzi complessi, al limite del serialismo, di una qualità allucinata, come The Voyage Of Camille e His Eyes, o l'inquietante corpo centrale di Lloyd's Register, soggiogato, ma solo per poco, dalla violenza di archi distorti e spasmi di tromba, e dello stridore disturbante delle viole che irrompe su Sirens, quale agghiacciante monito alla vulnerabilità dell'animo umano.
Lungi dal riproporre pesanti atmosfere classicheggianti alla Yes o Emerson Lake & Palmer, i Rachel's ribaltano l'operazione compiuta da certo progressive dei 70: non suonano rock con l'attitudine di musicisti classici, ma suonano musica classica con attitudine rock. Come scrive Ferruccio Quercetti su "Music Club", infatti, "è come se i Minor Threat si lanciassero in una sonata per pianoforte". Ma, tra i loro riferimenti, i Rachel's citano anche musicisti come Michael Nyman, Arvo Part, Bill Frisell, John Zorn, e rock-band come Tortoise, Don Caballero e Talk Talk. Un magnifico gioco di specchi, che riflettono figure scomponendole e ricomponendole in maniera del tutto sorprendente e giocando con gli ossimori di forme generalmente ritenute tra loro opposte. Non appaia dunque temerario affermare che l'essenza del lavoro trae origine da un'impostazione di base derivante dal post-punk e dal noise in coerenza, del resto, con le biografie artistiche di alcuni dei musicisti qui impegnati (Bob Weston, già negli Shellac, Jason Noble e Kevin Coultas nei Rodan), filtrati tuttavia attraverso un'inconsueta sensibilità cameristica e di conseguenza tradotti in composizioni guidate da archi e pianoforte.

martedì 21 dicembre 2010

I Rachel's, post rock avantgarde ensemble, seconda parte



Grimes compose poi la musica per il balletto Music For Egon Schiele (Quarterstick, 1995). Lo stile si e` fatto ancor piu` austero, con il pianoforte relegato a parti di nervoso e impressionista sottofondo e accentuando la componente spettrale e onirica della loro musica, con sonorità possibilmente ancora più intimiste e oscure di quelle del disco precedente. Al centro dell'opera e` una Promenade di una compostezza quasi funebre. Il tono del disco e` pero` forse propiziato soprattutto dal metodo di First Self e Second Self, due pezzi programmatici in cui la melodia della viola si distende sul brusio a dirotto del pianoforte. Nell'ambito di questa musica da camera psicanalitica si situano l'assorta trance di Family Portrait, il valzer zoppicante di Egon & Edith, il languore decadente del dolente trascinarsi di Wally Egon & Models, tutti contrassegnati da leggiadri incubi e immobili allucinazioni.
Emblema della pittura espressionista mitteleuropea di inizio '900, Egon Schiele è stato un personaggio affascinante e misterioso e questo disco, a mio parere molto sottovalutato rimane come un sincero ed incondizionato atto d'amore nei confronti del grande pittore austriaco. La dilaniante ricerca psicologica che in Schiele scavava nei personaggi fino a rivelarne la più recondita essenza, viene splendidamente trasposta dai Rachel's a livello sonoro e musematico, ancor prima che musicale: perchè prima dei fraseggi melodici e delle più complesse armonie del disco, sono i timbri e i modi d'esecuzione strumentale a riflettere di Schiele le stesse nevrosi, la stessa fragilità, lo stesso tratto ora più dolce e malinconico: Music For Egon Schiele è prima di tutto la trasposizione acustica della sua esistenza, dei suoi incontri, e del rapporto con le persone che hanno scandito le tappe della sua breve vita (morì a 28 anni di febbre spagnola): a un pianoforte, un violoncello e una viola la responsabilità di narrarla.
Music For Egon Schiele definisce anche un imprescindibile particolare che va a distinguere la musica dei Rachel's dagli altri interpreti di tale tendenza: ovvero la cura (tipica dei musicisti classici) con cui gli arrangiamenti e, soprattutto, le parti soliste vengono ideate e realizzate, oltre che la precisione di un'impostazione strumentale che, sebbene sconfini spesso nel drammatico e ben educato minimalismo alla Nyman è in grado di spaziare in un mare di modi, timbri, tonalità e atmosfere da brivido.



Sebbene incostante in alcune sue parti a causa di qualche smarrimento melodico di troppo, Music For Egon Schiele è innanzitutto una commovente parentesi nella parabola compositiva dei Rachel's (nè il capolavoro The Sea And The Bells, nè i successivi Selenography e Systems/Layers saranno in grado di toccare tali vette di drammaticità romantica, orientandosi piuttosto verso uno stile più ricercato e contaminato), ed è infine un album al di là del tempo, del giudizio e dell'estetica musicale moderna perchè, anche se potrà risultare di difficile assimilazione per un orecchio poco propenso ad uno stile del genere, si tratta di un'opera estremamente affascinante e splendidamente realizzata, proprio perchè rende attuali le suggestioni emotive di un'era ormai scomparsa oltre che di un personaggio immortale.

lunedì 20 dicembre 2010

Luigi Attademo: monografia



Intervista con Luigi Attademo

Video

Improvvisazione Sua natura e pratica in musica è uscito tradotto in italiano!


Autore: Derek Bailey
Traduzione di: Francesco Martinelli
Introduzione di: Arnold I. Davidson

http://www.edizioniets.com/Scheda.asp?N=9788846726988

Improvvisazione è stato il primo ed è ancora il più importante libro che si occupa della natura dell'improvvisazione musicale. Derek Bailey ne ripercorre la storia in modo lucido e approfondito, dalla sua quasi totale estinzione nella musica europea fino al suo ritorno in auge attraverso l'influenza del jazz, delle musiche tradizionali e della ricerca musicale del XX secolo. Frutto di una serie di trasmissioni radio in cui il chitarrista inglese aveva discusso dell'improvvisazione musicale in diverse tradizioni, la prima edizione inglese del libro (1980) è poi servita da base per la realizzazione di un documentario, che ha condotto ad una edizione nuova, aggiornata e arricchita, che attraversa la musica tradizionale dell'India, il flamenco, il barocco, la musica organistica, il rock, il jazz, la musica contemporanea e l'improvvisazione libera, in appassionate conversazioni con alcuni tra i massimi rappresentanti di queste aree, come, fra gli altri, John Zorn, Steve Howe, Steve Lacy, Lionel Salter, Paco Pena, Evan Parker, Ronnie Scott.
Improvvisazione viene oggi presentato in un'edizione rivista e aggiornata ed è inserito in una collana che, in modo innovativo ed eterodosso, guarda all'improvvisazione in musica come ad una pratica filosofica a tutti gli effetti. «In fin dei conti - si legge nella prefazione al libro - l'improvvisazione, per chi suona e per chi ascolta, è una trasformazione del mondo e di noi stessi. È un esercizio che crea un nuovo universo acustico la cui creazione rappresenta una nuova visione dell'organizzazione estetica, etica e politica delle nostre vite».


I Rachel's, post rock avantgarde ensemble, prima parte

Avanzo una provocazione pesante: i Rachel’s sono riusciti dove torme di artisti progressive rock hanno miseramente fallito: creare un rock da camera originale e di grande fascino, proponendo un originale connubio tra arrangiamenti orchestrali di tipo classico e improvvisazioni post-rock, nel tentativo di gettare un ponte tra Romanticismo ottocentesco e avanguardie rock contemporanee. Con il risultato di suonare una musica minimalista e romantica, soave e struggente, che si pone a fianco degli esperimenti del Kronos Quartet e le innovazioni della Penguin Cafè Orchestra.



Formato nel 1991 a Baltimore, quando uscì la cassetta Rachel's Halo, coagulatosi a metà anni 90 intorno alla pianista Rachel Grimes e comprendente, in veste di musicisti e produttori, da una dozzina a una ventina di musicisti di formazione, classica, jazz e rock provenienti dalla fervida scena musicale di Louisville, Kentucky, l'ensemble da camera Rachel's deve il suo successo nel fatto di aver tentato la fusione fra rock e classica e fra composizione e improvvisazione, non adagiandosi nella ricerca di una forma ibrida ma lavorando nel metodo strumentale, riuscendo con successo ad elaborare una forma di musica popolare per questi anni 1.0.
Guidati dal violoncellista Christian Frederickson, attivo anche nella Turtle Bluff Orchestra, dal chitarrista Jason Noble (che suona anche nei Rodan) e dalla pianista Rachel Grimes, il gruppo esordi` su disco con Handwriting (Quarterstick, 1995), ), definito come "gli Slint alle prese con Debussy", che raccoglieva vecchie (1991-1994) composizioni per ensemble da camera (Southbound To Marion, Saccharin, Seratonin, la sonata per pianoforte di Frida Kahlo, Handwriting per soli archi) e qualche jam di jazz notturno (i dodici minuti di M Daguerre). Il disco, la cui vena classical viene esplorata di pari passo a timidi bagliori di un post rock etereo e decadente, è coronato dai 14 minuti della suite Full On Night, per chitarra, pianoforte, percussioni ed elettronica. Una qualità mestamente decadente e dallo spleen romantico, che ricorda un po’ l'atmosfera delle colonne sonore dei film muti, impedisce di classificarlo nella banale new age, da cui si distacca dimostrando fin da subito la presenza di robuste basi compositive e un progetto e un percorso artistico che negli anni a venire sveleranno tutta la loro solidità.

sabato 18 dicembre 2010

Luigi Attademo plays Scarlatti Sonata K77

Domenica 19 dicembre – ore 11.00 MIlano Simone MAssaron presenta The BIg Empty!


Domenica 19 dicembre – ore 11.00
Sound Food & L’Erboristeria Presentano:
Simone Massaron “The Big Empty”
Il chitarrista Simone Massaron presenta il suo ultimo cd “The Big Empty” con un concerto all’interno del negozio L’Erboristeria di Corso di Porta Romana 123 a Milano
The Big Empty è un disco dedicato alla memoria e al passato.
Nella primavera del 2009 l’autore affronta un trasloco dopo più di un decennio vissuto nella stessa casa. Eliminata gran parte del mobilio i muri vuoti hanno restituito ai ricordi i loro luoghi immaginari spogliati dagli oggetti. Ispirato anche dall’anomala acustica dettata dal vuoto, Massaron registra con la sola chitarra una serie di brani che formano un disco intimo e profondo.
Queste composizioni e improvvisazioni sono riproposte dal vivo con lo stesso spirito riflessivo delle registrazioni.
Un disco bello e austero. Il rapporto tra Massaron e il jazz sta da qualche parte tra un giovane Derek Bailey in lotta per liberare la propria urgenza espressiva e un vecchio Derek Bailey che fa la pace con cio' che ne e' rimasto. Ad ogni modo, Massaron ha imparato la lezione degli improvvisatori, ma e' chiaramente affezionato alla forma canzone/memoria/composizione. Suona sfruttando un ampio bagaglio fraseologico - pur senza ostentarlo - ma anche con grande delicatezza, qualita' messe entrambe in mostra in questo nudo, in gran parte disadorno, in gran parte acustico cd di chitarra solo.
Gran bel lavoro.
Marc Ribot (Lounge Lizards, John Zorn, Tom Waits, Robert Plant)

Luigi Attademo plays Bach Ciaccona

venerdì 17 dicembre 2010

Concerto di Natale dell’orchestra “G. Petrassi” a Frascati (Rm) Giovedì 23/12/2010, ore 21,00

Concerto di Natale dell’orchestra “G. Petrassi” a Frascati (Rm)
Concerto di Aranjuez, chitarra Michele Greci

Regione Lazio
Istituzione Palazzo Rospigliosi di Zagarolo
Comune di Frascati
Orchestra “G. Petrassi” di Zagarolo
direttore M° Francesco Vizioli
chitarra: Michele Greci
mezzosoprano: Isabella Amati

Programma:

I Parte

Goffredo Petrassi – Liriche di Saffo (mezzosoprano Isabella Amati)
Joaquin Rodrigo – Concerto di Aranjuez (chitarra Michele Greci)

II Parte

Franz Lizst: Angelus
Antonio Vivaldi – Concerto per archi in La maggiore
Karl Orff– Carmina Burana

Sala Aldobrandini, Frascati (Rm)
Giovedì 23/12/2010, ore 21,00

Ingresso gratuito

Intervista con Luigi Attademo, quarta parte


Come vede la crisi del mercato discografico, con il passaggio dal supporto digitale al download in mp3 e tutto questo nuovo scenario? Tutta questa passiva tendenza ad essere aggiornati e di possedere tonnellate di mp3 che difficilmente potranno essere ascoltati con la dovuta attenzione non comporta il rischio di trascurare la reale assimilazione di idee e di processi creativi? Le faccio questa domanda anche il relazione al fatto che lei ha realizzato diversi dischi .. come viene curata la loro distribuzione?

Partendo dalla mia esperienza personale, devo dire che il disco rappresenta forse un “prodotto” obsoleto, non tanto perché è superato dalla tecnologia, quanto perché non ha un grande mercato. Nessuna casa discografica, o quasi, è pronta a investire su un progetto musicale che riguarda un pubblico di nicchia, a meno che non le sia garantita una copertura finanziaria a priori, attraverso una sponsorizzazione o la garanzia da parte dell’artista di acquisto di un cospicuo numero di copie. Questo avviene per tutte le case discografiche che io ho avuto modo di contattare, ad eccezione di quella con cui lavoro attualmente. Quindi il paradosso è che un artista, oltre a progettare e realizzare il suo lavoro, deve anche pagare registrazione e casa discografica, diventando quindi un produttore senza volerlo e con l’aggravante di dover garantire in partenza utili a chi concorre alla realizzazione del progetto. Ho lavorato con una piccola casa discografica all’inizio della mia carriera legata a una rivista, ma purtroppo questa casa ha cessato la sua attività. Parte di questo materiale l’ho distribuito in forma gratuita attraverso la mia pagina web. Il mio primo disco – dedicato a Scarlatti - invece è stato acquisito dalla Brilliant Classics e ripubblicato nel 2009. In altre occasioni ho realizzato dei cd in collaborazione con riviste specializzate, in uno di questi casi più favorevolmente ho venduto la licenza per la pubblicazione, una forma tutto sommato più corretta che lascia la proprietà a chi produce e offre una contropartita economica per la licenza d’uso.
E’ vero che siamo in un momento in cui chiunque può realizzare un disco: la fattura del prodotto e la qualità interpretativa fanno e faranno sempre, secondo me, la differenza.

Ci consigli cinque dischi per lei indispensabili, da avere sempre con se.. i classici cinque dischi per l‘isola deserta.. Che musiche ascolta di solito?

E’ difficilissimo rispondere: spesso le mie preferenze cambiano. Così a bruciapelo direi Horowitz nelle Sonate di Scarlatti, le Suites di Bach per violoncello suonate da Casals, le Sonate di Schubert di Radu Lupu, la Sagra della Primavera di Bernstein, le prime sonate di Beethoven suonate da Glenn Gould… ma ci sarebbe molta altra musica. Attualmente sono attratto dalla musica barocca: Froberger, Frescobaldi, Scarlatti, Vivaldi, Couperin… ma potrei dire, Schubert e Schumann, Bartok e Shostakovic… insomma, tutto quello che è bello.

Quali sono invece i suoi cinque spartiti indispensabili?

Sonate e partite per violino di Bach, Nocturnal di Britten, Homenaje di Manuel de Falla, Studi di Villa-Lobos, Sonate di Scarlatti: ma anche questa risposta potrebbe essere contraddetta tra breve.

Il Blog viene letto anche da giovani neodiplomati e diplomandi, che consigli si sente di dare a chi, dopo anni di studio, ha deciso di iniziare la carriera di musicista?

E’ difficile dare dei consigli che non appaiano retorici quali essere fedeli a se stessi, pensare la musica come una grande esperienza di vita e di arricchimento, ecc. Quello che penso sia veramente importante è sapere come è difficile vivere con la musica e nel mondo della musica, ma anche che la musica rappresenta un grande spazio di realizzazione. Il mio consiglio è di studiare molto e allargare il più possibile i propri orizzonti, perché sapere significa essere liberi: domandarsi sempre perché e non pensare che ci siano parole definitive, anche di fronte a grandi maestri. E, in ultimo, quello che Scarlatti scrive alla fine dell’introduzione degli Essercizi per gravicembalo, dopo aver dato le istruzioni esecutive, ossia “vivi felice”.

Con chi le piacerebbe suonare e chi le piacerebbe suonare? Quali sono i suoi prossimi progetti? Su cosa sta lavorando?

Tre risposte in una: sto lavorando su Bach, a una registrazione integrale del repertorio tradizionalmente suonato sulla chitarra che uscirà spero il prossimo anno e su un progetto concertistico che mette insieme Paganini e autori contemporanei italiani (non chitarristi) a cui ho chiesto di scrivere ispirandosi a Paganini e in particolare ai Ghiribizzi.
Spero di ritornare sulla musica barocca (ho in mente un nuovo programma che presenterò l'anno prossimo alla Festival della Guitar Foundation of America), senza dimenticare la musica da camera e con qualche incursione sul teatro:in particolare ho in mente di realizzare un mio progetto su Pasolini... ma non voglio dire di più.
Il mio sogno sarebbe quello di suonare con Peppe Barra (grande attore e cantante) le canzoni della tradizione napoletana...


Ultima domanda, proviamo a voltare verso la musica le tre domande di J.P.Sartre verso la letteratura: Perché si fa musica? E ancora: qual è il posto di chi fa musica nella società contemporanea? In quale misura la musica può contribuire all’evoluzione di questa società?

Si tratta ancora una volta di una domanda molto impegnativa: perché si fa musica? Può essere perché c’è la possibilità del perché. La domanda è un continuo cercare il senso e diventa il senso stesso del cercare. Il famoso clown Grock interrompeva le sue comiche performance rivolgendosi al pubblico e chiedendo: warum?(perché?, appunto). Tragicamente la società contemporanea ha assottigliato, come è avvenuto nell’atmosfera con l’ozono, lo spessore e l’importanza della tradizione musicale. La musica è soprattutto un prodotto o addirittura una merce. Non è più parte della vita delle persone, nella maggior parte dei casi. Questo va in qualche modo di pari passo con la scomparsa della spiritualità o con la sua sostituzione con forme più edulcorate. Però se crediamo nella musica, e crediamo perché non faremmo altrimenti i musicisti, non possiamo non pensare che essa determini un cambiamento della società: non di tutta, non in un solo colpo, ma di una singola persona alla volta sì, di quell’ascoltatore che assisterà forse a un nostro concerto e uscirà dalla sala diverso: questo è il nostro scopo. Ricordo Mauricio Kagel quando a Fiesole nel 2008, pochi mesi prima di morire, disse a me e altri giovani artisti presenti che lavoravano alla sua musica, “io sono qui per passare il testimone”: questo è il compito di un musicista, credo.

Grazie Maestro!

Empedocle70

giovedì 16 dicembre 2010

Intervista con Luigi Attademo, terza parte


Ho, a volte, la sensazione che nella nostra epoca la storia della musica scorra senza un particolare interesse per il suo decorso cronologico, nella nostra discoteca-biblioteca musicale il prima e il dopo, il passato e il futuro diventano elementi intercambiabili, questo non può comportare il rischio per un interprete e per un compositore di una visione uniforme? Di una “globalizzazione” musicale?

Io sinceramente non penso. O meglio, penso che ci sia una tendenza ad appiattire, una tendenza della cultura contemporanea che forse è legata anche alla trasparenza di un'epoca con l'altra. In questo momento storico tutto è possibile, anche a livello di linguaggio artistico, e questo può generare smarrimento e indifferenza. Vorrei citare qui un passo delle sacre scritture, quello in cui nell'Apocalisse di Giovanni si condanna la chiesa di Laodicea per non essere né calda né fredda. Questa medietà è forse uno dei mali dell'uomo e dell'artista in questo momento.

Più che una domanda .. questa è in realtà una riflessione: Luigi Nono ha dichiarato “Altri pensieri, altri rumori, altre sonorità, altre idee. Quando si ascolta, si cerca spesso di ritrovare se stesso negli altri. Ritrovare i propri meccanismi, sistema, razionalismo, nell’altro. E questo è una violenza del tutto conservatrice.” … ora .. la sperimentazione libera dal peso di dover ricordare?

Fermo restando che andrebbe contestualizzata la frase di Nono, non mi trovo molto d'accordo con lui. Questa esigenza di rottura, e in particolare la necessità di eliminare la tradizione, la memoria della tradizione, rappresenta a mio avviso uno dei maggiori danni che la musica d'avanguardia e la sua estetica ha determinato sull'idea del far musica. Penso e credo che non ci si possa emancipare dal passato e dalla tradizione, dalla propria storicità: anzi, con Gadamer, direi che è solo a partire da questa storicità che possiamo essere a pieno interpreti. Non è un caso che in certa musica d'avanguardia la figura dell'interprete sia stata ridotta a quella di puro esecutore. Le sperimentazioni più valide artisticamente partono sempre da persone che hanno ben presente il significato della loro storia.

Qual è il ruolo dell’Errore nella sua visione musicale? Dove per errore intendo un procedimento erroneo, un’irregolarità nel normale funzionamento di un meccanismo, una discontinuità su una superficie altrimenti uniforme che può portare a nuovi sviluppi e inattese sorprese...

Apprezzo l’uso della lettera maiuscola. Effettivamente l’Errore ha una portata molto più ampia di uno sbaglio. Spesso ci preoccupiamo di non sbagliare, che una buona interpretazione sia frutto di assenza di errori. Certamente questa domanda apre la porta a un discorso difficile, quello della verità – pensiamo l’errore infatti sempre in relazione a qualcosa che riteniamo giusta o ben fatta, in qualche modo dando per scontato che una lettura possa essere esaustiva. Molto più facile limitarsi all’oggettività della nota giusta o sbagliata – ma questo solo se ci si riferisce all’altezza della nota – ma la nota non è solo un’altezza, essendo all’interno di un discorso musicale vive in relazione dinamica con le altre note e ha un’intenzione, esattamente come una parola nel discorso. Quindi oltre all’aspetto quantitativo dello sbaglio, c’è un discorso qualitativo, rispetto al senso che ha quella nota: e allora scopriamo che l’aspetto oggettivo viene meno. Ma la domanda mi sembra non andasse in questa direzione, bensì a sottolineare la possibilità che le cose siano e accadano diversamente da come sono progettate. Un errore interpretativo è sempre qualcosa che mostra la nostra fallibilità, ma sicuramente offre una possibilità di crescita. Talvolta, come accade nella scienza, l’errore è un’occasione. La differenza sta nella capacità di includere l’errore nel processo creativo e in qualche modo essere consapevoli di quanto l’errore possa cambiare la geografia della nostra conoscenza e della nostra sensibilità.

Parliamo di marketing. Quanto pensa che sia importante per un musicista moderno? Intendo dire: quanto è determinante essere dei buoni promotori di se stessi e del proprio lavoro nel mondo della musica di oggi?

Provengo da un contesto formativo in cui questo discorso era assente: anzi, se c’era, era per mostrare certi aspetti negativi che distolgono dal fare musicale. Sicuramente il mondo di oggi ha necessità di musicisti capaci di studiare, come dicevo, di scrivere e anche di promuoversi. Io sono abbastanza poco portato, immagino per carattere e per formazione, a coltivare questa attitudine, ed è certamente un limite. Purtroppo viviamo in un contesto dove un chitarrista classico è per un’agenzia un artista poco interessante (e poco redditizio) da rappresentare. Dunque il fai-da-te è indispensabile. Voglio però precisare che questo non implica il tuffarsi nella giungla dello “scambismo”, dove esplicitamente non conta più cosa fai, ma cosa organizzi e cosa offri in cambio. Assistere dunque alla sostituzione del contenuto musicale con un “packaging” basato sull’immagine o peggio sulla creazione di una rete di scambi, è una deriva che il nostro contesto non ci sta risparmiando, e che dà un brutto segnale alle nuove generazioni, perché sembra sia impossibile suonare senza questa premessa.

continua domani

mercoledì 15 dicembre 2010

Diserzioni: Alchemistica “Into Deep” è disponibile il podcast della puntata con interviste a Arturo Tallini, Eugenio Becherucci e Adolfo La Volpe


“Improvisation enjoys the curious distinction of being both the most widely practised of all musical activities and the least acknowledged and understood.
While it is today present in almost every area of music, there is an almost absence of information about it.”
Derek Bailey, Improvisation Its nature and Practice in Music.

"Diserzioni meets Into Deep" dedicata ad AlchEmistica netlabel con interviste in diretta ai Maestri Arturo Tallini, Eugenio Becherucci e Adolfo La Volpe.
Conducono Andrea De Rocco, Lorenzo Isacco, Andrea Aguzzi, con la regia di Mario Marino

Arturo Tallini: Improvvisation 01
Arturo Tallini: Improvvisation 02
Arturo Tallini: Improvvisation 03
Eugenio Becherucci: take without overdub
Eugenio Becherucci: on e
Eugenio Becherucci: the harmonics rite
Adolfo La Volpe: 1
Adolfo La Volpe: 4


Intervista con Luigi Attademo, seconda parte


Ascoltando la sua musica ho notato la tranquilla serenità con cui lei si approccia allo strumento indipendentemente dal repertorio, da con chi sta suonando, dal compositore, dallo strumento che lei adopera dimostrando sempre un totale controllo sia tecnico che emotivo, quanto è importante il lavoro sulla tecnica per raggiungere a questo livello di “sicurezza”?

Molto spesso la sensazione che si ha all'esterno non è quella che ha l'interprete. Ricordo comunque che la questione del controllo era centrale nella mia prima fase di attività. Con il passare del tempo questa preoccupazione si è attenuata, probabilmente con la coscienza di pensare a cose più importanti. Ed è grazie a questo, penso, che si è sviluppato un maggiore controllo. E' ovvio che non si tratta di una questione solamente psicologica o mentale: l'aspetto della tecnica, intesa come tramite fra idea e gesto musicale, è centrale, così come la consapevolezza musicale.

So che lei ha studiato con Angelo Gilardino, Ennio Morricone, Enrico Fubini, Alessandro Solbiati .. che ricordi ha di loro, dei loro insegnamenti, della loro poetica musicale?

Sono esperienze molto diverse fra loro legate a diverse fasi del mio apprendistato. Con Angelo Gilardino mi sono formato: da lui ho appreso non solo un metodo di lavoro e delle conoscenze legate allo strumento, ma anche un'etica e una modalità di relazionarmi alla musica e al suo mondo. A lui devo la scoperta anche di molta musica, dei grandi interpreti e, in generale, tanti aspetti dell'arte che all'epoca mi erano ignoti. Insomma, è stato un Maestro da molti punti di vista.
L'incontro con Ennio Morricone è stato puntuale – un corso a Siena – ma mi ha lasciato un ricordo di un artista capace di filtrare le sue grandi conoscenze musicali trasformandole in un'esperienza semplice, pur mantenendo ferma la coscienza della serietà nel lavoro. Il professor Fubini mi ha seguito nella fase finale della tesi di laurea e la sua disponibilità e competenza ha significato, oltre che un grande aiuto, un esempio. Grazie ad Alessandro Solbiati sono invece entrato “da compositore” nei linguaggi della musica contemporanea. Con lui continua a esserci un rapporto di amicizia e collaborazione che ha portato alla realizzazione di diversi progetti musicali. Non voglio dimenticare una figura per me importantissima, che ha guidato i miei ultimi anni di ricerca sulla musica antica: Emilia Fadini, clavicembalista e persona di grande ricchezza che mi ha comunicato l'aspetto vitale dell'interpretazione di questa musica che nel mio passato recente, pur essendo uno dei repertori prediletti, era legata a una visione più razionale e in un certo modo distaccata.

Lei svolge una importante attività come musicologo, in particolare ha lavorato intensamente sull’archivio del grande Andres Segovia, ci vuole raccontare qualcosa di queste esperienze e che cosa ha significato per lei riuscire a ritrovare manoscritti come quelli di opere sconosciute di autori come Tansman, Pahissa, Cassadò?

Vorrei ridimensionare il mio ruolo di musicologo, non nel senso che il mio lavoro non abbia avuto validità musicologica, ma nel senso che non mi sento un musicologo ma un musicista che in assenza di musicologi si è occupato anche di questo aspetto. In generale trovo che il musicista non possa più interpretare il ruolo dell'artista inconsapevole, che pensa solo a suonare. Suonare è un'operazione complessa che – tranne quando si è bambini e la componente ludica prevale – non può essere affrontata mettendo solamente le mani sullo strumento. Riguardo alle mie scoperte, fanno seguito all'attività di ricerca che Angelo Gilardino ha svolto sull'Archivio di Andrés Segovia, com'è noto, che ho seguito nella prima parte (2001) e ho proseguito l'anno dopo sviluppando d'accordo con la famiglia un mio progetto di ricerca con il fine di catalogare tutta la musica manoscritta lì presente. Lo scopo è stato raggiunto, ma non secondo i miei obiettivi, a causa delle note vicende che hanno portato a una separazione tra la famiglia di Segovia e la Fondazione di Linares. Mettere le mani sulla musica di Segovia, quella che usava per studiare, sui suoi appunti e su molte altre cose, rappresenta un modo privilegiato per venire a contatto con una figura che non ho avuto modo di conoscere personalmente, ma la cosa è avvenuta in modo naturale grazie anche alla grande amicizia che ho sviluppato con il figlio Carlos, quasi mio coetaneo e persona di una finezza intellettuale rara. In qualche modo, ho sentito di essere parte della famiglia, per usare una frase della moglie di Segovia, anche se la cosa detta così può sembrare altisonante.

continua domani

martedì 14 dicembre 2010

Uni(ti di)versi, musiche nuove per flauto e chitarra a Mogliano Veneto




FramEnsemble in collaborazione con MusiciMojanesi e Comune di Mogliano Veneto presenta:

domenica 19 dicembre 2010 ore 21.00
atrio del municipio di Mogliano Veneto (TV)

rameDuo:
Michela Caser, flauto - flute
Lucia D'Errico, chitarra - guitar

PROGRAMMA - PROGRAMME

Niccolò Castiglioni Sic
Alessandra Ravera Note su tela
Benjamin Britten Nocturnal

Francesco Pavan Spoon II
Toru Takemitsu Voices
Alessandra Bellino ...fra stella e stella...
Marta Lambertini Tweedledum and Tweedledee

INGRESSO LIBERO!
FREE ADMITTANCE!

La musica è linguaggio universale: suono che, a differenza della lingua parlata, unisce le individualità anziché separarle, e crea ponti tra isole personali e geografiche.
Il progetto UNI(TI DI)VERSI è la prosecuzione dell'esperienza interculturale condotta nell'autunno 2010 in Argentina dal gruppo di musica nuova FramEnsemble in collaborazione con l`associazione italo-argentina “Limina”. Tramite il linguaggio musicale, esperienze separate da un oceano hanno avuto modo di incontrarsi e confrontarsi nello spazio comune del concerto. Allo stesso tempo, le varie individualità espresse dai brani di compositori diversi (seppure provenienti dallo stesso paese) fanno emergere le infinite sfaccettature che un vissuto comune può assumere. Accanto a brani commissionati appositamente per il FrameDuo e alla miniatura del grande compositore Niccolò Castiglioni, fanno parte del programma due pezzi solistici divenuti ormai classici del repertorio contemporaneo (Nocturnal di Benjamin Britten e Voices di Toru Takemitsu), che arricchiscono ulteriormente la panoramica, sia geografica che sonora, offerta dal concerto. Uniti nella diversità, diversi nell’unione: i brani proposti, provenienti da quattro Paesi (Italia, Argentina, Gran Bretagna, Giappone) sono altrettanti “universi”, unici sebbene legati da un comune denominatore: la musica.


Se non sai come raggiungere l'atrio del municipio di Mogliano Veneto:
To reach the town hall of Mogliano Veneto:
http://maps.google.it/maps?f=q&source=s_q&hl=it&geocode=&q=mogliano+veneto+municipio&sll=41.442726,12.392578&sspn=14.748824,39.506836&ie=UTF8&hq=&hnear=Mogliano+Veneto+Treviso,+Veneto&ll=45.56133,12.238576&spn=0.006731,0.01929&t=h&z=16

per altre informazioni:
for further info:
www.framensemble.it
www.musicimojanesi.altervista.org

Intervista con Luigi Attademo, prima parte


La prima domanda è sempre quella classica: come è nato il suo amore e interesse per la chitarra e con quali strumenti suona o ha suonato?

Vorrei citare una frase di Martin Lutero che, rispondendo a chi constatava quanto fosse impossibile amare un Dio che ci predestina alla grazia o alla dannazione, diceva più o meno: “Amarlo io? Ma io lo odio”. Non so se posso usare la parola amore per la chitarra, mentre sono certo di poterla usare per la “musica”. Certo è che questo strumento è entrato nella mia vita in modo più o meno casuale, ammesso che esista qualcosa di casuale nella vita, quando mia madre decise che era il caso che studiassi musica. Questo avveniva in un piccolo paese della provincia di Cosenza, Laino Borgo, grazie a un maestro, Pino Racioppi, che mi permise di conoscere Angelo Gilardino anni dopo, in occasione dei corsi che organizzava a Lagonegro. In questo periodo giovanile si è sviluppata la mia passione per la musica prima, e in un secondo momento la consapevolezza che la chitarra poteva rappresentare una possibilità di espressione artistica nella quale identificarmi. Nella prima parte della mia attività la scelta dello strumento è stata occasionale: quando sei all'inizio segui dei modelli o i consigli di chi reputi più competente, com'è naturale che sia. Solo più recentemente ho sviluppato una mia ricerca anche relativa agli strumenti, che mi ha portato a suonare con chitarre del passato costruite da grandi liutai. Ricordo con piacere l'occasione che ebbi di conoscere il mondo delle Torres, delle Simplicio, delle Garcia e di altri grandi autori, nell'atelier di Jacques Vincenti a Ginevra. La prima delle mie chitarre antiche (una Pascual del 1927) me la diede lui. Attualmente suono su varie chitarre, principalmente su una Garcia del 1897 e su una Simplicio del 1926.

Berio nel suo saggio “Un ricordo al futuro” ha scritto: “... Un pianista che si dichiara specialista del repertorio classico e romantico, e suona Beethoven e Chopin senza conoscere la musica del Novencento, è altrettanto spento di un pianista che si dichiara specialista di musica contemporanea e la suona con mani e mente che non sono stati mai attraversati in profondità da Beethoven e Chopin.” Lei suona sia un repertorio tradizionalmente classico che il repertorio contemporaneo … si riconosce in queste parole?

Sì e no. E' verissimo quello che dice Berio, ossia che sarebbe impossibile suonare il repertorio contemporaneo senza avere sensibilità per la musica del passato. La specializzazione spesso può nascondere un limite dell'interprete. Ma è anche vero il contrario, cioè che si scopre via via un'affinità verso un certo tipo di musica, un periodo o un autore, ma questa attitudine può mutare – così com'è naturale che sia nella vita – da momento a momento, e di anno in anno. In questo periodo suono con una certa passione la musica del Settecento, però quando mi capita di suonare il Novecento o la musica contemporanea non trovo che ci sia un'atrofia rispetto a questo repertorio, anzi mi sembra che un'esperienza interpretativa passi nell'altra.

Quale significato ha l’improvvisazione nella sua ricerca musicale? Si può tornare a parlare di improvvisazione in un repertorio così codificato come quello classico o bisogna per forza uscirne e rivolgersi ad altri repertori, jazz, contemporanea, etc?

Anche in questo caso bisogna mettersi d'accordo su cosa si intende per “improvvisazione”. Quando questo termine ha un'accezione negativa, allora penso che non debba avere posto nel lavoro del musicista. L'arte non si improvvisa. Se parliamo di prassi esecutiva, certamente l'apporto creativo che questo aspetto ha nel jazz o in generi più legati alla musica popolare è meno presente nel nostro ambito. Nella nostra esperienza la musica è soprattutto pensata prima di essere suonata. Altrove è il contrario. Ma nello stesso tempo devo dire che c'è una componente di “non previsto” nell'esecuzione musicale che fa poi essere la musica così simile alla vita: c'è sempre in quello che fa un interprete, se è interprete, di non ripetibile e di inaspettato: in questo senso posso dire che c'è una componente di improvvisazione nel suonare.

continua domani

lunedì 13 dicembre 2010

IGNM Konzert duo amrein/henneberger featuring Maurizio Grandinetti

Programm IGNM Basel Saison 2010 / 2011

“ Swiss Brazil Connection ”

...Neue Musik aus der Schweiz, Brasilien und anderswoher

Freitag, 17. Dezember 2010, 20.00 Uhr
Gare du Nord Basel

Dirk Amrein, Posaune
Maurizio Grandinetti, Gitarre
Jürg Henneberger, Klavier


Frederick Carrilho (*1971) Aquarelle (2010) for trombone and piano – 8’

Marc Yeats (*1962) Conversational Geometry (2009, UA) for amplified acou-stic guitar, tenor trombone and piano – 19’


Patrick Frank (*1975) Das Meisterwerk, Version 1 (Studie III zum Jetzt-Möglichen) (2010) für Klavier und Posaune – 12’

Vor Allem und zuerst die Werke!
Das heisst: Übung, Übung, Übung!
Der dazugehörige "Glaube" wird sich schon einstellen, – dessen seid versichert!

Friedrich Nietzsche, Morgenröthe

1. Auf der Grenze zwischen Original und Simulation – In neoromantischem Schein (danse languide)
2. ziemlich gut – (ardent, enthousiaste)
3. in mutigem Glauben
4. Simulation oder Original


Johannes Maria Staud (*1974) Esquisse retouchée (Incipit II) (2001/02, SEA) für Posaune solo (mit Bass Drum) – 9’

Paul Dolden (*1956) Who Has the Biggest Noise (2008) for electric guitar and tape – 14’

Boonrut Sirirattanapan (*1972) from Six Episodes of E.O.D. (inspired by the Oscar winning movie “The Hurt Locker”) (2010, UA) for trombone and piano – 25’

I. A broken E.O.D. robot
II. Bombs hidden in the city ground
IV. Foes Sand Friends
V. Prey pray





Frederick Carrilho

der Gitarrist und Komponist Frederick Carrilho wurde 1971 in São Paulo, Brasilien geboren.

Aus einer generationsreichen musikalischen Familie stammend wurde er von Altamira Carril-ho, einem der wichtigsten Flötisten der brasilianischen Musik und einer Legende im „brasilia-nischen Choro“ beeinflusst.

Seine Musik bezieht Inspirationen aus verschiedenen Stilen, sowohl der brasilianischen Volks- und Tanzmusik als auch der zeitgenössischen Musik.

Zudem versteht er sich als Vertreter der sogenannten „world music“, welche die unterschied-lichsten musikalischen Bereiche in die Musik einfliessen lässt.

Er studierte klassische Gitarre u.a. mit Sandra Maria Pereira, Gualtieri Beloni Filho, Celia Trettel und Henrique Pinto. Seine Kompositiosstudien führten ihn zu Raul do Valle, Achille Picchi und José Augusto Mannis.

Seine Werke wurden u.a. am Internationalen Symposium in Athen, am Oregon Bach Festival (USA), Gaudeamus Festival Amsterdam und mehrmals an der Biennale für zeitgenössische Musik in Brasilien aufgeführt.

Aquarelle wurde im Sommer 2010 für das Duo Amrein/Henneberger geschrieben und im Sep-tember 2010 an der USP (Universidade de São Paulo) uraufgeführt.

www.myspace.com/frederickcarrilho


Marc Yeats

Der Komponist und bildende Künstler Marc Yeats wurde 1962 in England geboren.

Er erhielt zahlreiche Kompositionsaufträge bedeutender Orchester, Kammermusikformationen und Solisten, u.a The Edinburgh String Quartet (UK), the Chamber Group of Scotland (UK), Psappha (UK), Richard Casey, Stephen Combes, the London Sinfonietta (UK), the Endymion Ensemble (UK), Lonba (Argentina), Paragon Ensemble (UK), the Scottish Chamber Orchestra (UK), illegal harmony (UK), 175 East (N.Z.), Sarah Watts, SCAW (UK), Sarah Nicolls, Federico Mondelci, the Commonwealth Sinfonietta (UK), Contempo Ensemble (Italien), Rarescale (UK), The Scottish Clarinet Quartet (UK), Symposia (UK), the New York Miniaturists Ensemble (USA), Trio IAMA (Greece), The International Concert Brass Soloists (Switzerland), Dirk Amrein (Deutschland) Expatrio (UK), the BBC Philharmonic Orchestra (UK), the Hallé Orchestra and Chorus (UK) unter Sir Mark Elder, Tokyo City Philharmonic (Japan) und Gewandhaus Radio Orchestra.

Im April 2010 wurde Marc Yeats zum Composer in Association with Manchester Pride er-nannt.

Sein Projekt SATSYMPH, welches er mit dem Dichter Ralph Hoyte und dem Programmierer Phill Phelps initiiert hat, wurde unter die fünf besten Beiträge zum bedeutendsten englischen Kulturpreis „PRS Foundation New Music Award 2010“ gewählt.

Marc Yeats arbeitet seit mehreren Jahren eng mit Dirk Amrein zusammen. In dieser Zeit sind mehrere Werke für Blechblasinstrumente entstanden, die auf einer CD aufgenommen wurden.

Seine Komposition Conversational Geometry wurde für das Trio Amrein/Henneberger/Gran¬dinetti geschrieben.

„Marc Yeats’ musikalische Sprache ist mit nichts zu vergleichen; seine Musik ist sehr heraus-fordernd für die Aufführenden und das Publikum, zugleich aber sehr kommunikativ. Er kom-poniert aussergewöhnliche Werke, die nicht nur gut geschrieben sind und gut klingen, son-dern ein sehr hohes Niveau an Akademischem Wissen beinhalten. Dabei sind sie atemberau-bend eigenständig.“

Sir Peter Maxwell Davies

www.marc-yeats.co.uk


Patrick N. Frank

Geboren am 4.4.1975 in Rio de Janeiro/Brasilien.

Klavierstudium bei Martin Christ, Musiktheoriestudium bei Andreas Nick undKompositions-studium bei Thomas Müller und Isabel Mundry. Kompositionssemina-rebei Klaus Huber, Chaya Czernowin, Manuel Hidalgo, Alvin Lucier und Peter Eötvös, u.a.

2002 Gründer und künstlerischer Leiter der Projektreihe traute, dessen erstes Projekt SEIN/NICHTS in Zürich und Baar aufgeführt und von den WorldNewMusic Days04'zur Realisation ausgewählt wurde. Im Mai 06’ wurde die Konzert-Installation Limina inCo-Produktion mit der IGNM Basel in Basel realisiert.

Das Projekt Limina kam im März 07’ im Europäischen Zentrum der Künste Hellerau, Dres-den,zur erfolgreichen Uraufführung.

Erste Buchveröffentlichung zum Projekt Limina/’Indifferenz in Kunst und Kultur’ als Heraus-geberund Co-Autor (mit Peter Gross, Soziologe, Harry Lehmann, Philosoph, Isabel Mundry, Komponistin, u.a.)

Patrick Frank erhielt Aufträge von der camerata Zürich, den WorldNewMusicDays '04, En-semble Laboratorium, musica riservata u.a. Co-Produktionen mit dem Europäischen Zentrum der KünsteHellerau, Dresden, IGNM Zürich, IGNM Basel, WNMD04’.

Preisträger des Werkjahres der Christoph-Delz Stiftung, Basel 2005.
Förderung des Projektes Limina durch die Bundeskulturstiftung/D, 2006.
Preisträger des Werkjahres für Komposition der Stadt Zürich, 2007.

Arbeitet als freischaffender Komponist und Projektentwerfer in Zürich und unterrichtet der-zeitKulturphilosophie an der Hochschule der Künste Zürich. Studium der Kulturwissen-schaften,Philosophie und Soziologie an der Universität Luzern.

www.neuemusik.ch/patrickfrank/


Johannes Maria Staud

Johannes Maria Staud wurde am 17. August 1974 in Innsbruck/Tirol geboren. Ein 'Tiroler Komponist'? Keineswegs. Schon seine Studien sorgten für einen internationalen Ausblick: nach Wien (wo u.a. Michael Jarrell sein Professor war) wechselte Staud nach Berlin, wo er seine Studien bei Hans-Peter Kyburz an der 'Hanns-Eisler-Hochschule für Musik' fortsetzte. Es folgten Meisterkurse bei Brian Ferneyhough und Alois Pinos.

Seit er mit 26 seine Kompositionen der Universal Edition anvertraute, hat Staud wichtige Aufträge und Preise erhalten, die allesamt zeigen, wie er sich in der Musikwelt einen Namen gemacht hat, sodass heute Werke von Johannes Maria Staud international als geschätzte Ver-treter der jungen österreichischen Komponistengeneration gelten.

Im Auftrag Sir Simon Rattles hat er Apeiron Musik für grosses Orchester (2004/2005) kom-poniert (es spielen 110 Musiker – Staud hat des Dirigenten Aussage: „you have the licence to kill“ ernst genommen…); bei der Uraufführung wirkten die Berliner Philharmoniker mit. Die Wiener Philharmoniker unter Daniel Barenboim (mit Heinrich Schiff als Solisten) hoben Se-gue Musik für Violoncello und Orchester (2006) aus der Taufe. Der prestigehafte Auftrag kam von den Salzburger Festspielen im Mozart-Jahr 2006. Für das Cleveland Orchestra und seinen Chef Franz Welser-Möst entstand On Comparative Meteorology (2008/2009) und das Gewandhausorchester Leipzig hat schon die Partitur der Komposition für Streichquartett und Orchester Über trügerische Stadtpläne und die Versuchungen der Winternächte (Dichotomie II) erhalten. Riccardo Chailly leitet die Uraufführung unter Mitwirkung des Gewandhausquar-tetts.

Die Liste ist beeindruckend, doch könnte sie sich als kontraproduktiv erweisen, sollten noch viele ähnliche Angaben folgen. Also nur noch eine: für die Saison 2010/2011 hat die Staats-kapelle Dresden Staud zu ihrem Capell Compositeur ernannt. Ausgedehnte Aufenthalte beim Orchester und drei neue Kompositionen gehen mit dem ehrenvollen Titel einher.

Was die Preise anbelangt, seien nur drei genannt: Erster Preis in der Kategorie von Kompo-nisten unter 30 Jahren für Polygon Musik für Klavier und Orchester beim Tribune Internatio-nal des Compositeurs 2003, Förderpreis der Ernst-von-Siemens Musikstiftung, München, 2004 und Paul Hindemith Preis 2009 des Schleswig-Holstein Musikfestivals.

Staud ist ein leidenschaftlicher Leser und lässt sich immer wieder von der Weltliteratur inspi-rieren. Er hat auch einen sensiblen und verständnisvollen Zugang zur bildenden Kunst, be-zeugt durch zahlreiche Werke, wie zum Beispiel Violent Incidents. Hommage à Bruce Nau-mann (2005/2006) für Saxophon solo, Bläserensemble und Schlagzeug. Die Filmkunst ist auch von Bedeutung: Black Moon (1998) für Bassklarinette etwa wurde durch Louis Malles gleichnamige Arbeit inspiriert.

Johannes Maria Staud hat nicht lange gebraucht, sich von den vermeintlichen Zwängen, als junger Komponist so genannte 'neue Musik' zu schreiben, loszusagen. Es ist ihm auch gelun-gen, der Gefahr der 'Postmodernität' auszuweichen. Er hat seine eigene Sprache gefunden, die ohne falsche Kompromisse den Hörer direkt anspricht, ihn emotional packt und dank den wunderbar ausgehörten Feinheiten der Instrumentation fasziniert. Er arbeitet äusserst selbst-kritisch und langsam an seinen Partituren und es ist nicht von ungefähr, dass sie die grosse Hürde der zweiten Aufführung alle überlebt haben. Johannes Maria Stauds Name steht heute international für die junge österreichische Komponistengeneration schlechthin. Seine Kompo-sitionen werden überall in der Welt (auch im Fernen Osten) gespielt und es gibt Grund für die Zuversicht, dass seine Musik das Verstreichen der Zeit überleben wird.


Paul Dolden

Paul Dolden, geboren 1956 in Ottawa (Kanada), arbeitet als freischaffender Komponist, spe-zialisiert auf elektroakustische Musik. Er komponierte und komponiert Werke für Tonband solo, sowie für Instrumente und Tonband.

Seine Kompositionen wurden in Nordamerika, Europa und Australien aufgeführt und auf di-versen Radiostationen ausgestrahlt. Als Cellist, Gitarrist und Geiger tourte er regelmässig in Europa und Kanada.

In den achtziger Jahren gewann er um die 15 Auszeichnungen, einschliesslich folgender Prei-se:
- Luigi Russolo International (1984, 1986, 1988)
- CAPAC Hugues le Caine Award (1982, 1984)
- CAPAC Micheline Coulombe Saint-Marcoux Composition Competition (1987)
- Newcomp Music Competition (1985)
- CBC National Radio Competition (1984)
- Festival Bourges (1986, 1988, 1990, 1992 Euphorie d'Or)

Sein Werkverzeichnis beinhaltet Kompositionsaufträge von verschiedenen Institutionen, wie dem SMCQ Orchestra, New Music America, Vancouver New Music Society, CHL Radio To-ronto, oder GMGB France.

CD-Produktionen wurden veröffentlicht bei Harmonia Mundi, Radio Canada International und Tronica (The Threshold of Deafening Silence, 1990). Paul Dolden’s Musik ist von einer „maximalistischen“ Ästhetik gekennzeichnet, in seinen elektroakustischen Kompositionen werden meistens hunderte von aufgezeichneten Instrumenten kombiniert, multipliziert und vielschichtig überlagert.

www.electrocd.com/en/bio/dolden_pa/


Boonrut Sirirattanapan

geboren 1972 in Thailand. Er begann als Autoditakt, studierte als Mitglied und Keyboardspie-ler des „Fong Naam Ensemble“ bei Bruce Gaston.

Seine Vielfältigkeit und Experimentierfreudigkeit, vor allem im multimedialen Kontext, führ-ten zu mehreren grossen Projekten rund um den Globus u.a. Konzerthaus Wien, Lincoln Cen-ter New York. Seine Filmmusik zum Film Seaon Change wurde in allen Theatern Thailands aufgeführt.

Boonrut Sirarattanapan unterrichtet an der Hochschule für Musik der Rangsit University Bangkok Komposition und Musikgeschichte.

6 Episodes of E.O.D. wurden für das Duo Amrein/Henneberger komponiert und unter freneti-schem Applaus im Juli 2010 am Thailand International Composer Festival in Bangkok urauf-geführt.


www.reverbnation.com/boonrutsirirattanapan
www.myspace.com/boonrutsirirattanapan

Luigi Attademo -Scarlatti - Sonata k380

Luigi Attademo: Biografia


Luigi Attademo, si forma sotto la guida del chitarrista e compositore Angelo Gilardino. Premiato in numerosi concorsi tra cui il prestigioso “Concours International d’Exécution Musicale” di Ginevra, ha dedicato la maggior parte della sua attività alla musica da camera e al repertorio della chitarra, benché la sua formazione musicale spazi al di là dell’ambito strumentale (tra i suoi maestri, Giovanni Guanti, Julius Kalmar, Ennio Morricone, Alessandro Solbiati, Emilia Fadini). Ha all'attivo sette registrazioni ed è attualmente impegnato nella realizzazione dell'integrale della musica di Bach per liuto.
Molti sono i progetti dedicati al teatro, tra cui i recenti Febbre di Sarah Kane (per la regia di Laura Croce, 2008) e Platero y Yo di Mario Castelnuovo-Tedesco su testi di J.R. Jimenez al fianco di Sandro Lombardi. Nel 2009 ha eseguito in prima italiana Repentance di Sofia Gubaidulina, in presenza dell'autrice. Ha dato la prima esecuzione di diverse opere di autori contemporanei, collaborando con compositori come Alessandro Solbiati, Matteo D'Amico, Mauro Cardi, Alessandro Magini, Angelo Gilardino, Thomas Reiner, Dusan Bogdanovic e sta per realizzare un progetto dedicato a Paganini e la musica italiana contemporanea che debutterà a Berlino. Nel 2010 è stato invitato a tenere lecture e recital alla Royal Academy of Music di Londra e alla Melbourne University e ala Monash University.

Dedica la maggior parte della sua attività alla musica da camera suonando in duo con musicisti quali Fabio Bagnoli, Francesco Dillon, Francesco Gesualdi, Stefano Parrino, Cristiano Rossi e con il Quartetto di Cremona, l'Orchestra da Camera Fiorentina, i Solisti del Maggio Musicale. Ha dato la prima esecuzione di diverse opere di autori contemporanei, collaborando con compositori come Alessandro Solbiati, Matteo D'Amico, Mauro Cardi, Alessandro Magini. Nel 2009 ha eseguito in prima italiana Repentance di Sofia Gubaidulina, in presenza dell'autrice e ha partecipato alla prima dell'opera di Matteo D'Amico Patto di sangue per la stagione del Maggio Musicale Fiorentino.

Molti sono i progetti dedicati al teatro, tra cui i recenti Febbre di Sarah Kane (per la regia di Laura Croce, 2008) e Platero y Yo di Mario Castelnuovo-Tedesco su testi di J.R. Jimenez al fianco di Sandro Lombardi. Si è occupato della scrittura e della sonorizzazione di vari spettacoli, tra cui "La notte della Tenebra" con Alessandro Averone per la regia di Laura Croce e "Virdzina" della compagnia Murmuris di Firenze. Nel 2004 ha partecipato alla realizzazione della sonorizzazione del Museo del Tesoro del Duomo di Vercelli nel progetto Gemini:Muse del GAI di Torino.

Congiuntamente all'attività musicale si occupa dei problemi relativi alla formazione e alla musicologia (Revue Musicale Suisse, il Fronimo, Il Giornale della Musica). Nell’ottobre del 2002, ha inoltre curato la catalogazione dei manoscritti presso l’Archivio della “Fondazione Andrés Segovia” di Linares (Spagna), rinvenendo opere sconosciute di autori come Tansman, Pahissa, Cassadò ecc. e pubblicando il catalogo nella rivista spagnola “La Roseta” (2008). Collabora con l'Istituto Franci di Siena e insegna presso l'Istituto Donizetti di Bergamo; è chiamato periodicamente dai Conservatori di Ginevra e Losanna in qualità di esperto esterno.

Con l'Associazione Nuovi Eventi Musicali di Firenze dal 2007 al 2009, ha promosso vari progetti, come l'omaggio a Mauricio Kagel e a Sofia Gubaidulina, il convegno su Andrés Segovia, la rassegna per l'anniversario di Domenico Scarlatti.
E' socio dell'associazione Musica Articolo 9 e da due anni partecipa attivamente al progetto, ideato da Gian Andrea Lodovici e Roberto Prosseda, "Donatori di Musica" dell'Ospedale di Carrara.

domenica 12 dicembre 2010

La chitarra di Frank Zappa su Radio Sherwood!


Giovedì 9 dicembre sono andate in onda su Radio Sherwood due mie puntate incentrate sulla chitarra di Frank Zappa, nell'ambito di una settimana di trasmissioni radiofoniche dedicate alla figura del grande compositore/chitarrista/rocker americano.

Se volete riascoltarle qui potete trovare i podcast!

Prima Puntata

Playlist

- My Guitar wants to kill your Mama (You Can't Do that on stage Anymore vol 3)
- Sharleena (You Can't Do that on stage Anymore vol 4)
- Five-Five-Five (Shut Up N' Play Yer Guitar)
- Heavy Duty Judy (Shut Up N' Play Yer Guitar)
- Ship Ahoy (Shut Up N' Play Yer Guitar)
- Canard Du Jour (Shut Up N' Play Yer Guitar)
- Sexual Harassment in the Workplace (Guitar)
- In a Gadda-Strawinsky (Guitar)
- But who was Fulcanelli? (Guitar)

Seconda Puntata

Playlist

- Chunga Revenge (Trans Fusion)
- Bowling on Charen (Trans Fusion)
- Bavarian Sunset (Trans Fusion)
- For Duane (Guitar)
- It ain't necessary the Saint James Infirmary (Guitar)
- Republicans (Guitar)
- Shut Up N' Play Yer Guitar (Shut Up N' Play Yer Guitar)
- Return of the son of Shut Up N' PLay Yer Guitar (Shut Up N' Play Yer Guitar)

Di che musica sei? Programazione musicale dal 13 al 18 dicembre 2010


Di che musica sei? Programazione musicale dal 13 al 18 dicembre 2010



Su Radio Voce della Speranza



La programmazione settimanale

Frank Martin, Quatre pièces brèves (Leonardo De Marchi)