giovedì 24 luglio 2008

Speciale Emanuele Forni: Intervista di Empedocle70 parte prima

Empedocle70: Com’è nato l’amore e l’interesse di Emanuele Forni per la chitarra?



Emanuele Forni: Per caso: durante il periodo del liceo studiavo a casa di mia nonna su un tavolo in soffitta; a fianco c’era un armadio dentro al quale sonnecchiava una vecchia chitarra classica anni 40 di mia zia. Qualcosa mi rapi’ e capii che la risonanza di una corda pizzicata era il mondo che avevo sempre cercato.

E: Come è nato Ceci n’est pas une guitare e come mai il titolo così “magritte” (bellissimo a mia personale opinione)?
EF: La genesi risale ad un progetto di tre anni fa’ realizzato all’Hochschule der Künste di Berna in collaborazione con gli organizzatori artistici Frances Maunder e Claudio Bacciagaluppi. Tale evento, “Ceci n’est pas une Partition”, comprendeva varie manifestazioni:
. una mostra di spartiti scelti per mettere in evidenza l’evoluzione del segno grafico musicale durante i secoli
. tre conferenze musicologiche che hanno ospitato, tra gli altri, il compositore milanese Maurizio Pisati
. un concerto del mio trio Crossing n°3.
Questa iniziativa ha riscosso un notevole interesse e mi é stato chiesto di realizzare una registrazione con alcuni brani suonati in concerto. Ho quindi pensato che potesse essere interessante completare questa iniziativa con una possibile panoramica di ciò che alcuni compositori contemporanei hanno dedicato alla chitarra.
Nella scelta del repertorio mi sono chiesto: “Come viene concepito oggi il suono di una chitarra?”. Ho quindi accostato composizioni di autori dai “suoni” molto diversi tra loro, dall’assoluta purezza della chitarra classica secondo Takemitsu, fino alla trasfigurazione della chitarra elettrica di Dufourt, dove é perfino difficile riconoscere, all’ascolto, lo strumento.

E: Come è nata questa collaborazione con il progetto Guitar Collection della Stradivarius? Ci sarà un seguito?
E.F.: Stradivarius é un punto di riferimento importante per coloro che ascoltano musica antica e contemporanea. In casa mia ci sono sempre stati dischi di questa etichetta, quindi, quando ho terminato la registrazione del CD “Ceci n’est pas une Guitare”, ho spedito loro una copia proponendomi per la Guitar Collection. Fortunatamente il prodotto é piaciuto.

E: Un disco come il suo ha tra le sue caratteristiche quella di essere difficilmente collocabile in una categoria precisa, pensa che possa essere inserito nel filone “New Music”? E se sì, come definirebbe la “Nuova Musica”?
EF: Non trovo che sia così difficile da collocare, é semplicemente un disco di musica contemporanea. Trovo interessante di conseguenza la domanda “cos’é la musica contemporanea oggi?”. Comunque, il termine “Neue Musik” é stato introdotto già nel 1919 da Bekker come titolo per una sua lezione con lo scopo di trovare una definizione alle varie tendenze dell’epoca: evidentemente il dibattito é ancora valido.

E: Ascoltando il suo disco mi sono venuti in mente i seguenti nomi: Robert Fripp, Brian Eno, Frank Zappa, Fred Frith, cosa ne pensa di questi musicisti? Li sente affini al suo modo di suonare e sentire la chitarra?
EF: Tutti musicisti che conosco bene avendo passato molto tempo “in loro compagnia”: in particolare Zappa, insuperabile per conoscenza, istinto ed intelligenza musicale. Inoltre quando ho ascoltato per la prima volta le Frippertronics non cambiai il disco per una settimana.
C’é comunque una differenza sostanziale di approccio tra la pratica musicale che intraprendo e i personaggi sopracitati: io sono un interprete di composizioni altrui, suono anche musica con parti improvvisate ma la struttura mi é sempre data dal pensiero di un altro. Magari all’ascolto non emerge immediatamente, in particolare sul repertorio di chitarra elettrica, ma é la differenza che mi permette di non essere ancorato ad un solo stile avendo a disposizione una partitura e non solo ascolti riprodotti. Forse un giorno mi avventurero’ nella composizione ma fino ad oggi mi limito a scegliere i brani da suonare nei miei concerti, collegarli insieme ed ad interpretarli.

E: Il titolo del suo disco mi ha riportato alla memoria una dichiarazione di Frank Zappa contenuta nella sua autobiografia: Se John Cage per esempio dicesse “Ora metterò un microfono a contatto sulla gola, poi berrò succo di carota e questa sarà la mia composizione”, ecco che i suoi gargarismi verrebbero qualificati come una SUA COMPOSIZIONE, perché ha applicato una cornice, dichiarandola come tale. “Prendere o lasciare, ora Voglio che questa sia musica.” È davvero valida questa affermazione per definire la musica contemporanea?
EF: Non riesco a capire se sia una dichiarazione sarcastica, provocatoria oppure sincera. Zappa nel 63’ portò in televisione un concerto per 2 biciclette, quindi posso pensare che non sia effettivamente ne sarcasmo ne polemica.
Trovo che sia possibile porre una “cornice compositiva” a tutto, gargarismi compresi, Fluxus e George Maciunas insegnano. Però bisogna vedere se la composizione sia interessante e valida: questo é la storia che lo decide. Certe composizioni sopravvivono, altre no e senti che sono datate gia’ dopo pochi anni dalla nascita. Sia la musica di Zappa che quella di Cage é chiaro che sopravvivranno allo spietato giudizio del tempo.


E: Parlando di compositori innovativi, che ne pensa di John Zorn, dei suoi studi Book of Heads e della scena musicale downtown newyorkese così pronta ad appropriarsi e a ricodificare di qualunque linguaggio musicale, dall’improvvisazione, al jazz, alla contemporanea, al noise ,alla musica per cartoni animati?

EF:Trovo Zorn un musicista geniale, incredibilmente fresco e furbamente intelligente: i chitarristi dovrebbero essere molto grati di avere a disposizione oramai da 30 anni questi studi che ben pochi suonano. Per ciò che concerne la scena musicale della grande mela, la trovo estremamente affascinante: a gennaio ho passato 3 settimane proprio a NY per un progetto con Pierre Boulez e dopo le prove o i concerti, vagavamo con gli altri membri dell’ensemble da club a club ad ascoltare performance incredibili, ho perfino bevuto una birra con Mike Stern dopo un set strabiliante! Negli Stati Uniti ho anche constatato un elemento che trovo molto intrigante nei giovani compositori americani cioè la conoscenza profonda delle varie facce della musica di oggi: nella nuova musica made in USA, filtra proprio la consapevolezza che nella storia della musica é esistito Vivaldi tanto quanto Beck o Syd Barrett. Credo che questo sia l’elemento che veramente distingua gli USA ed Europa a livello compositivo. Rimango un profondo sostenitore del background culturale che si respira nelle grandi istituzioni musicali Europee, spesso molto più complete ed approfondite di quelle statunitensi, ma credo anche che solo in poche realtà isolate emerga questo elemento di profonda conoscenza e metabolizzazione dell’attuale scena musicale. Nei conservatori Italiani é difficile chiedere in prestito un liuto ma domandare una chitarra elettrica é inimmaginabile. Paradosso divertente: gli allestimenti operistici ai quali ho assistito a NY sono tra i più conservativi che abbia mai visto!

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