lunedì 17 marzo 2008

Guida introduttiva agli strumenti musicali meccanici, parte terza



Un ingegnere della Philips fabbricò una specie di cervello elettronico per la scultura di Schoeffer. Sulle basi delle direttive dei « sensori» questo cervello elettronico sceglieva tra i dodici suoni della scala temperata delle note sia per creare la linea melodica, in senso orizzontale, sia in senso verticale per creare la linea armonica. Le variazioni di temperatura, illuminazione, i vari rumori penetranti dal mondo esterno, una nuvola che passando davanti alla torre sottraeva un po' di luce e calore; un clacson di un'auto; un aereo che passava sopra; tutto ciò costituiva il materiale sonoro che la macchina avrebbe dovuto organizzare. Materiale sempre nuovo perché è quasi impossibile avere due volte la stessa situazione acustica, termica ecc... Non era forse la realizzazione dell'arpa eolica di Hoffmann fatta con i mezzi tecnici degli uomini del XX secolo? « L'automa che suona e compone» diventò comunque l'aspirazione del '700 illumini sta e la passione del Romanticismo (e quindi dei nuovi metodi industriali). È incredibile vedere come fu proprio la musica che domò la ritrosia naturale dell'uomo per la macchina. L'incalcolabile e l'ineffabile era stato ridotto ad una serie ordinata di misure e di numeri, e sistemabili quindi nello spazio di un cilindro chiodato, utilizzabili a piacere secondo le capacità dell'industria e le capacità materiali dell'uomo. Il giovane nascente Romanticismo che si innnestava sul morente classicismo era teso a trasformare l'orchestra nell'Orchestrion, il re degli strumenti. Le ragioni che contribuirono a questa tendenza sono innanzitutto da ricercare nell'esigenza di portare la musica ovunque non ci fossero esecutori e, non ultima, nell'approssimazione con cui molti esecutori eseguivano le musiche di maestri celebri. Nella quarta parte della sua monumentale opera « Il Costruttore di Organi» il benedettino Dom Bedòs de Celles, che non poteva certo essere sospettato di simpatie verso le manie più frivole del secolo, dice espressamente: « questa invenzione (del cilindro chiodato) sarà senz'altro molto utile poiché essa fa suonare gli organi anche molto bene e non richiede alcuna conoscenza ne della musica ne dell'arte di suonare che pochi possiedono in maniera soddisfacente. Si può infatti assicurare che con tale espediente si suona un organo con altrettanta grazia e precisione di quella del più valente degli organisti ». E più avanti aggiunge che quest'invenzione sarà anche molto utile a tutte quelle chiese, abbazie e conventi della campagna che si trovano sempre nell'impossibilità di trovare un organista che abbia una qualche abilità. Maestri come Philippe Emmanuel Bach, Joseph Haydn, Friedrich Haendel ed il sommo Mozart non disdegnarono infatti di occuparsi degli strumenti automatici e di comporre delle musiche per essi. Di Mozart il Koechelverzichniss annota almeno tre composizioni create per organo a cilindri: Adagio e Rondò K. 594, Fantasia K. 608, Andante K. 616. La critica di quest'ultimo riguardava solo le qualità tecniche e musicali di questo tipo di strumenti che qualche volta assomigliavano troppo a dei carillon, ma non li considerò mai con scherno, ne sottovalutò la loro importanza, ne ritenne degradante comporre delle musiche appositamente per essi. Un contemporaneo racconta che quando morì il celebre feldmaresciallo Laudon, si costruì per lui una statua di cera in grandezza naturale, vicino alla quale, ogni ora uno strumento a canne e cilindro suonava una musica funebre «composta dall' indimenticabile Mozart... che dura otto minuti esatti, e che per precisione e purezza è superiore a tutto ciò che si tentò di produrre in questo genere d'opera d'arte ». Questa musica era l'Adagio K. 594. La statua di cera era sistemata nel museo personale del conte Deym il quale, rimase così impressionato dall'incontro del genio di Mozart con il cilindro chiodato, che gli ordinò immediatamente un' al tra composizione, per « cilindro in un piccolo organo». Il 4 maggio 1791 Mozart terminava e consegnava « ai chiodi» il suo « Andante KV 616 », una composizione che per bellezza e perfezione è all'altezza delle creazioni migliori del maestro. Il conte Deym volle che fosse immediatamente stampata anche la musica ed egli stesso si occupò di trascrivere l'Andante in versione per pianoforte. L'interesse di questa composizione, consiste dunque nel fatto che non si tratta di una qualsiasi musica ridotta ed adattata allo strumento meccanico, ma di una composizione nata per lo strumento meccanico e poi, grazie ai suoi pregi, trascritta per essere eseguita. Il Museo dell'Università di Lipsia (Musikwissenschaftliche Instrumentenmuseum) possiede un Floetenuhr (orologio a flauti) della fine del '700 che porta il numero di catalogo 2052, che suona il Rondò di Mozart in una versione un po' ridotta. Una importantissima innovazione tecnica aveva fatto accettare ad esegeti e musicisti il cilindro chiodato: il metodo di Padre Engramelle (1721-1780). In lui la musica meccanica trovò lo studioso più appassionato e profondo oltre che il più rivoluzionario. Marie - Dominique Joseph Engramelle era un religioso, uomo di chiesa che, come il suo illustre contemporaneo Dom Bedòs, divideva il tempo tra studi e preghiere. Era naturalista e meccanico, come lo voleva il suo secolo di Lumi. Da naturalista scrisse un libro sulle farfalle che non diede alcuna fama; come meccanico mise a punto una tecnica che lo rese celebre. Essa viene esposta con chiarezza in un libro dal titolo « La tonotecnica, ovvero l'arte di notare i cilindri e tutto ciò che è suscettibile di essere notato negli strumenti del concerto meccanico» che uscì a Parigi nel 1775. In quest' opera Engramelle contrappone al sistema di notazione empirica usato fino ad allora, un sistema scientifico per mezzo del quale la lettura dal pentagramma o dal cilindro non presenti differenze: questo sistema è basato sul metodo del « quadrante », metodo in uso ancora ai giorni nostri. Il quadrante è in sostanza un congegno che serve a dividere i tempi di rotazione del cilindro in funzione del tipo di musica che si vuole notare. Questa innovazione non servì solo a soddisfare l'esigenza di di precisione e perfezione inseguita dai costruttori d'organo, ma aprì la possibilità di creare strumenti piccolissimi, perfetti, a diverse combinazioni che altrimenti sarebbe stato impossibile immaginare. Anche nella fantasia degli scrittori si moltiplicarono automi, organi automatici ed Orchestrion d' ogni tipo: basti pensare al gatto Murr ed al cane Berganza di Hoffmann; all'usignolo magico (Der bIonde Eckbert) di Tieck o alla macchina meravigliosa di Jean Paul che dava concerti dopo essersi composta la musica in una maniera molto simile a quella proposta da Kircher. Ci pare opportuno riportare un breve brano dalla « Scelta delle carte del Diavolo» di J ean Paul perché in esso, si citano dei nomi di costruttori di automati musicali e meccanici che sono restati ormai celebri: Un uomo macchina dava i concerti. « Il compositore erano due dadi. Mediante essi l'uomo macchina rimescolava delle striscioline di carta sulle quali erano scritte delle note secondo le regole (dell'armonia) della composizione... Il direttore d'orchestra era un meccanismo ad orologeria inventato da Renaudin a Parigi. Gli esecutori, che erano stati costruiti in parte da Vaucanson, in parte da Jaquet Droz e figlio, compivano prodigi al flauto, al pianoforte e ad un organo con canne di cartone...».I maestri artigiani che in Europa costruivano bambole automatiche che suonavano, ballavano e cantavano erano quasi considerati degli stregoni, ed i ricchi borghesi di fine '700 e dei primi decenni dell' 800 si muovevano da una città all'altra per potersi comperare simili meraviglie. Tra questi artigiani ricordiamo i nomi di Vaucanson, dei due Droz padre e figlio, dei fratelli Schatz e l'orologiaio Siegmeier di Eisleben. Dalle loro mani uscirono arpe meccaniche, orologi con flauti meccanici che suonavano ad ogni ora, raffinatissimi carillon, bambole meccaniche che suonavano il pianoforte ed una miriade di organetti di ogni dimensione. La figura che più d'ogni altra seppe incarnare i gusti, le tendenze e le aspirazioni del suo tempo fu senz'altro Jacques Vaucanson (1709-1782). Studioso appassionato, come padre Engramelle, di scienze naturali, medicina, anatomia, non seppe resistere alla grande passione del secolo, la meccanica. Condivideva con i filosofi contemporanei la fiducia di riuscire a spiegare meccanicisticamente tutta la realtà, compreso il corpo umano e si gettò a capofitto nell'impresa difficilissima di creare una serie di strutture anatomiche mobili, capaci di riprodurre le principali funzioni organiche. E' un'impresa colossale che lo porta al dissesto economico oltre che ad essere guardato con sospetto dall'autorità ecclesiastica. Malato e deluso all'età di venticinque anni si getta in una nuova impresa e, venendo ad un compromesso con le sue ambizioni scientifiche decide di costruire qualche cosa che lo imponga all'attenzione della colta e galante società settecentesca. Nasce così il SUONATORE DI FLAUTO l'automa più perfetto e complesso realizzato con i soli mezzi della meccanica. L'androide aveva le dimensioni d'un uomo naturale, vestito da selvaggio; suonava undici arie su un flauto muovendo le dita e modulando l'aria che fuori usciva dalla bocca. Il successo fu enorme ed immediato: il mondo culturale francese, presago dei futuri avvenimenti accolse l'avvenimento con la dovuta ammirazione e tra i primi visitatori del prodigio vi fu l'Accademia Reale di Francia al completo. Voltaire definì Vaucanson « rivale di Prometeo» capace di dare intelligenza alla materia bruta. Nello stesso anno l'artista crea altre due meraviglie; un altro suonato re capace di eseguire venti arie e la celebre anatra che mangiava il grano e lo espelleva « in veste sensibilmente mutata ». Tutti vogliono vedere queste meraviglie che hanno dell'incredibile quando Vaucanson decide di vendere tutte le sue creature ad un certo Demoulin per una somma esorbitante e si ritira dall'attività. Demoulin fa fare agli automi il giro d'Europa, ricavandone anche lui un buon guadagno fino a che queste meraviglie scompaiono misteriosamente. Da allora non c'è collezionista e studioso che non abbia sognato almeno una volta di rintracciarli. Tra le meraviglie che invece sopravvivono ricordiamo la celebre suonatrice di salterio creata dalla collaborazione di David Roentgen e Pierre Kin tzing nel 1780. Questo automa esegue, battendo i due martelletti sulle corde del salterio con l'abilità e la precisione d'un musicista, otto arie tratte dall' «Armida» di Gluck. Illustre possessore d'una simile meraviglia fu la regina Maria Antonietta dalla quale pare che i costruttori abbiano preso il modello per la scelta dell'abbigliamento e per i tratti del volto. Ora l'automa è conservato a Parigi, al Conservatorio delle Arti e dei Mestieri e un paio di volte l'anno si esibisce ancora nell'esecuzione delle arie del musicista preferito dall'infelice regina. Ma i nuovi tempi, che si erano annunciati così sorprendentemente con la Rivoluzione francese, esigevano profondi mutamenti anche nel campo che stiamo trattando. I grandi rivolgimenti sociali intervenuti e la concentrazione di grandi masse nelle città esigevano che anche lo strumento automatico uscisse dall'ambito della curiosità o del puro lusso intellettuale per scendere nelle strade, nei locali pubblici; in tutti quei posti, cioè, in cui ci fossero masse di potenziali consumatori di musica. Risale a questo periodo la nascita dell'industria della musica e dello sfruttamento di quest'arte con sistemi commerciali. Ogni creazione musicale doveva imporsi al pubblico, esserne richiesta, riconosciuta e doveva soprattutto essere riprodotta in migliaia di esemplari. Si aprì in questo periodo il baratro che avrebbe poi diviso il compositore e l'esecutore che prima erano tutt'uno. Il compositore era sempre esecutore delle proprie opere anzi, il virtuoso creava le proprie musiche in funzione della propria capacità di suonarle. Nel nuovo mondo che si andava creando pareva che l'esecutore fosse inessenziale; ad alcuni apparve addirittura come un copista di opere altrui che la macchina avrebbe potuto sostituire. Le differenze, sulla grande massa dei consumatori che si accostavano alla musica per la prima volta, non sarebbero state neppure apprezzate. La vita che successivamente avrebbe percorso la musica per raggiungere tutti era ormai tracciata nel suo futuro svolgimento che, come vedremo più avanti, toccherà il suo traguardo con il grammofono e la radio. Fu, a quanto pare, in Inghilterra (ove l'Industria era più sviluppata ed il problema di generalizzare il consumo musicale più sentito) che si fece il primo tentativo (gravido d'avvenire) di meccanizzare ed automatizzare il pianoforte. A questo strumento, inventato verso il 1706 dal padovano Bartolomeo Cristofori, viene applicato il tradizionale cilindro verso il 1820 da Collard & Muzio Clementi ; la parte meccanica era azionata da un cilindro simile a quello degli organi e lo strumento poteva suonare sia meccanicamente, con il cilindro, che manualmente mediante la tastiera.




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